Bimbi digiuni e professori dei paesi tuoi

 da Europa,10.4.2010 

Pane quotidiano

Nel giorno in cui crollano redditi e risparmi delle famiglie e si scopre un buco di 5 miliardi di euro nei conti pubblici, nel giorno in cui Libero apre con la “stangatina di mezza estate” e il direttore Maurizio Belpietro attacca maggioranza e governo: «Altro che riduzione delle tasse, qui c’è il pericolo di vedersele aumentare. Passata la festa (delle elezioni regionali), c’è il rischio che ci facciano la festa (a noi e ai nostri portafogli)», questa rubrica sceglie di occuparsi di istruzione.

Perché è altamente istruttivo, per citare l’Unità, «il pugno di ferro» (senza guanto di velluto) del sindaco leghista di Adro (in provincia di Brescia). Oscar Lancini, questo il nome del primo cittadino, ha deciso che dalla prossima settimana i bambini “debitori” (ovvero i figli di chi è in ritardo con i pagamenti della refezione scolastica) non potranno accedere alla mensa scolastica.

Già questo sarebbe agghiacciante. Ma l’Unità, con Mariagrazia Gerina, aggiunge un particolare che rende l’intera vicenda indigeribile: se i bambini sono italiani «si chiude un occhio».

Coerenza non è virtù

Altre notizie dello stesso tipo sono arrivate nelle ultime settimane dal Nord del paese e smantellano il falso mito degli «italiani brava gente». Chiara Saraceno, su Repubblica (putroppo relegata a pagina 41), commenta: «Senza mangiare e umiliati. Punire i bambini per gli sbagli, o la povertà, dei genitori. Questa sembra la nuova linea degli amministratori (leghisti) del Nord».

La scuola, sottolinea Saraceno, «sta diventando il nuovo terreno in cui si marcano le differenze sociali.

Dopo le gite scolastiche separate a seconda della classe sociale e le risorse economiche degli scolari, siamo arrivati all’esclusione di alcuni da un servizio essenziale ». Fino a oggi, in Italia, la mensa è stata considerata uno spazio educativo e di socializzazione, ove si garantiva (a tutti) almeno un pasto equilibrato al giorno. «Nessuno nega che una amministrazione abbia il diritto, anzi il dovere, di farsi pagare le rette quando dovute. La questione è, appunto, se colpire i bambini sia il modo più civile, più giusto, oltre che più adeguato alla missione educativa della scuola». Saraceno sostiene che «tanta durezza e disprezzo» per i diritti e la sensibilità dei bambini entra «in stridente contrasto con l’entusiasmo con cui esponenti politici che appartengono allo stesso partito e alla stessa area politica» degli zelanti sindaci leghisti si spendono a favore della «vita nascente», della «inviolabilità degli embrioni» e, in altro campo, dell’alimentazione forzata. Sarebbe bello aderire a una campagna che sostenesse che i bambini «vanno nutriti a prescindere».

Prof e buoi?

Sempre in materia di education (si fa per dire) il Corriere della Sera racconta un altro capitolo dello scontro Lega-Pdl. Luogo della contesa è la regione Lombardia, oggetto le linee-guida della “riforma” della scuola in salsa leghista. In particolare per quel che riguarda «il reclutamento su base regionale per professori, presidi e personale non docente». Un’idea sbagliata. Con presidi e professori di quartiere – magari con i test dialettali per i docenti – diremmo addio all’education della modernità. Si sperà finirà come quell’altra “rivoluzione” annunciata dalla destra di governo una manciata di anni fa, quella dei vigili di quartiere.

Nessuno li ha mai visti, ma forse loro sarebbero stati utili.