Cronaca di un martirio: Rosalinda Gianguzzi, 22.8.2010 Ore 15:00 Sabato 21 Agosto Via Praga Palermo Le strade sono deserte, ed arrivare dalla mia casa in provincia, al centralissimo budello, di una grande strada di Palermo, diventa facile e veloce. Anche posteggiare, solitamente impossibile in tutta la zona. Silenzio e canicola, mi sovrastano, mentre raggiungo quel solitario gazebo. La scelta del giorno e dell’ora per raggiungere il presidio non è casuale, ho con me le mie bimbe, e già lo scorso anno, erano rimaste molto turbate dal vedere tanta gente, molti dei quali adulti in lacrime, a volte portati via dalle ambulanze. Ho preferito, non potendo lasciarle, far vedere loro una situazione, più calma e silenziosa. Salvo mi accoglie con un sorriso, e fa le feste alle mie bimbe. Con Giacomo, un abbraccio affettuoso, vale più di mille parole. Pietro, mi guarda, ma non mette a fuoco, non mi riconosce, non sta bene. Gli ricordo chi sono e mi saluta stancamente. Poche persone intorno, una decina in tutto, comprese io e le bimbe. Pietro inizialmente, parla di cibo, ha “visioni culinarie”, io gli dico che se smette subito, e ricomincia l’assunzione dei suoi farmaci salvavita, sono pronta a cucinare per lui, il polpettone di cui parla. Gli consegno il mio scritto, glielo leggo, Pietro non ce la fa. Giacomo ringrazia e mi adula scherzoso, imbarazzata cerco di giustificare la mia assenza, Pietro è un fiume in piena. Mi dice che non smetterà, lamenta la solidarietà “vocale”, in un silenzio e in una mancanza di gente che sembra quasi irreale. Ovviamente non è sempre così, ma in quel momento quel presidio, senza colleghi, senza politici e sindacati che sfilano, sembra una tenda tuareg nel deserto. Ricorda la collega suicida, NEL SILENZIO di una società responsabile che si gira dall’altro lato, uccisa dalle leggi beceri di queste governo, sopraffatto dalle lacrime, che orgogliosamente ricaccia in gola, e senza mezze misure, mi dice che lui sarà il prossimo, e mi chiede di scriverlo e divulgarlo, perché stavolta ciò non succeda senza che nessuno lo sappia. Lui smetterà o con un contratto in mano o morto, spero non parli sul serio, spero riusciamo a convincerlo del contrario. E’ un uomo disperato, da oltre un anno senza stipendio, ha gli occhi di chi non ha nulla da perdere, io gli dico che non è così, i debitori aspettino, LA SUA FAMIGLIA HA PIU’ BISOGNO DI LUI CHE DEL SUO STIPENDIO, e di quanto possa averne la nostra causa. La collega Caterina Altamore si è persino prestata a prendere il suo posto. Io lotto con me stessa per non piangere davanti le mie figlie, mi sembra di aver ricevuto un pugno nello stomaco, mi sento arrabbiata e impotente, e non riesco a trovare parole che suonino più giuste o convincenti. Salvo vulcanico, propone di costruire una croce e coraggioso e beffardo per sfida di crocifiggersi davanti il palazzo della Regione. Piretro si arrabbia, dice CHE LUI E’ GIA’ UN CRISTO, non ha bisogno di croci, perché senza lavoro è già morto. Il buon Giacomo, vedendomi turbata, assurdo a dirsi, mi consola e mi dice di star su, che tra poco inizierà la scuola. Lo guardo stranita, lui con la sua serenità mi dice, giustificando perfino gli assenti, che quello che manca è questo: CREDERCI! Chi non è li, non lo fa con cattiveria, non è là, perché non crede che possa ottenere qualcosa. Lui ci crede, crede nella lotta, crede che quello che chiede non è un favore è una cosa giusta, crede che i politici possano darcelo, crede che possiamo farcela. Molta gente dice, che viene più per senso di colpa, ma questa è la motivazione sbagliata. Lui SA, che se 1000 persone, lui per primo, sarebbero disposte a presidiare il ministero A TEMPO INDETERMINATO, otterremmo quello che vogliamo, e lui non avrebbe più bisogno di fare lo sciopero della fame. Lui SA, che i tempi sono maturi, ed è per questo che stavolta si fermerà solo con il suo contratto in mano. Lui SA che se lo stesso focolaio di Palermo, divampasse per tutta Italia , il Governo non potrebbe far altro che ammettere il suo enorme errore, e arrendersi, e solo allora vinceremmo. Ascoltarlo ti infiamma e ti commuove, sereno, pacato fiducioso, limpido puro. Anche io grazie a Lui, So, so che possiamo farcela, senza rischiare la vita, senza atti estremi, ma tutti uniti: amici, compagni, non colleghi, come ribadisce Giacomo. Il silenzio viene interrotto dall’arrivo del camion che porta i servizi sanitari, per dare dignità a questi uomini che lottano per IL NOSTRO FUTURO. Barcollando Pietro li raggiunge per indossare un paio di pantaloncini che una collega ha comprato per lui in un mercato insieme a delle salviette imbevute, perché soffriva nel vederlo con i jeans pesanti. Piccoli gesti, che forse danno il senso, a quello che dice Giacomo, con imbarazzo e pudore, che in questa lotta siamo tutti FRATELLI. |