"Qui ogni giorno finché non parliamo col
prefetto" I tagli della Gelmini
Esplode la rabbia dei precari Bianca De Fazio, la Repubblica ed. di Napoli 1.9.2009 Come si sentono lo hanno scritto a grandi lettere sulle magliette che indossano per l'occasione: sono "Professionisti", ma si vedono "Radiati, Esasperati, Cancellati, Annullati, Raggirati, Ignorati". Parole dalle quali viene fuori un acronimo che equivale ad una condanna: "Precari". Precari della scuola disperati, oggi, perché i tagli dei ministri Gelmini e Tremonti non lasciano scampo: niente lavoro, quest'anno. Niente stipendio. In Campania ci sono 8000 posti in meno, tra insegnanti, bidelli e addetti alle segreterie. Ottomila famiglie sul lastrico. Inevitabile la protesta. Dopo Salerno e Benevento, dopo i colleghi di mezza Italia, anche i precari napoletani si sono mobilitati. Ieri mattina l'appuntamento era per le 9.30 alle porte degli uffici dell'amministrazione scolastica, in via Ponte della Maddalena. Ed è finita con una mezza occupazione che nelle intenzioni degli insegnanti rimasti senza cattedra continuerà ad oltranza. Mezza occupazione, perché la Digos ha fatto scudo impedendo che dall'ingresso dell'edificio i precari dilagassero negli uffici. I pochi che sono riusciti a forzare una finestra si sono barricati dentro, nonostante la minaccia - urlata da un dirigente della polizia - di essere denunciati e arrestati. E nel parapiglia della protesta una donna si è sentita male. Una insegnante, come tutte le altre cinquanta persone circa che ieri hanno cercato di far sentire la loro voce. Come Patrizia C., 52 anni, madre di due bambini: «Fino all'anno scorso ho insegnato nella provincia di Livorno, nella scuola elementare. Incarichi annuali, certo, o supplenze molto lunghe, ma almeno portavo a casa lo stipendio. Stavolta Livorno non mi ha chiamato. Ed a Napoli non c'è alcuna possibilità di essere chiamata, neppure per una supplenza breve». Le storie di queste donne si rincorrono simili le une alle altre. Assunta M.: «Ho trascorso l'estate nella speranza che si aprisse uno spiraglio. Insegno, anzi insegnavo, da precaria, nelle scuole superiori. Ho due lauree (una in Lingue e l'altra in Pedagogia), ho due master (oltre 2 mila euro ciascuno mi sono costati). Ho 12 anni d'insegnamento già maturati. I miei studenti di qualche anno fa si sono già laureati, alcuni già lavorano. E io sono ancora precaria. Anzi, quest'anno, sono disoccupata. Non fosse per lo stipendio di mio marito...». Raccontano le loro vite, queste donne, mentre il sit in improvvisato blocca via Ponte della Maddalena. Mentre devono decidere se proporre o meno lo sciopero della fame. Qualcuna è convinta che sia il caso di farlo, o di occupare la direzione scolastica regionale. «Ma siamo pochi, siamo troppo pochi» lamentano. Una cinquantina di persone. «E dove sono tutti gli altri? Dove sono le migliaia di colleghi sui cui corpi sta passando la Gelmini?» si chiede Maura B. «Dove sono i sindacati?». In via Ponte della Maddalena c'è la Cgil, che ha aderito all'invito del Coordinamento precari della scuola, arrivano i Cobas. «Ci hanno chiesto di essere presenti, per protestare, e noi siamo qui» afferma Gabriella Refuto, segretaria cittadina della Federazione lavoratori della conoscenza della Cgil. Ma gli altri? «Sembrano incuranti della macelleria sociale in cui hanno trasformato la scuola» sottolinea Francesco M. Mentre Vincenzo S., insegnante precario di strumento musicale, protesta: «Qui a Napoli ci sono 36 cattedre a disposizione, per noi insegnanti di strumento, ma solo in 2 sono stati chiamati per le immissioni in ruolo». I docenti di strumento fanno sentire gli effetti sonori della protesta: tamburelli e fischietti vanno a tutto gas. Ma il chiasso non cambia la loro situazione: «L'attesa d'una chiamata per insegnare si trasforma in agonia» afferma Vincenzo T., precario da 20 anni, nonostante sia vincitore di concorso. «Ma quest'anno resto fuori, senza lavoro». Fa caldo nell'ingresso dell'edificio della direzione scolastica. Eppure i precari non lasciano il presidio fino al pomeriggio, fino a quando, dopo l'ennesimo braccio di ferro con la polizia, «abbiamo contrattato il nostro allontanamento da qui: ottenendo, in cambio, la richiesta di un incontro con il prefetto. Con lui in persona, non con altri - afferma uno dei portavoce del Coordinamento dei precari, Antonella Vaccaro - Ed abbiamo chiesto, anche, la mobilitazione delle altre istituzioni: vorremmo al nostro fianco il presidente della Regione e quello della Provincia, ma anche i sindaci». «Qui è in gioco lo smantellamento della scuola pubblica. Difenderla dovrebbe essere interesse di tutti, indipendentemente dal colore del partito di appartenenza» aggiunge Roberto, che insegnava chitarra, ma si è riciclato come insegnante di sostegno, e neanche così riesce ad ottenere un lavoro. «Umiliato e costretto alla disoccupazione, ma non mollo. E domani (oggi, ndr) saremo ancora qui. E continueremo, almeno fino all'incontro col prefetto». |