La carica dei 41
«Situazione indecente, fa troppo caldo e non
abbiamo lo spazio per scrivere» Maria Maddalena Lombardi, La Stampa 26.9.2009
NOVI LIGURE (Alessandria) Poi si entra in classe davvero. I quarantuno sono sistemati nell’aula magna, in cui in genere riuniamo il collegio dei docenti: con sedie rosse, imbottite e comode, e senza banchi. Per loro è persino divertente... Io attacco: «Oggi va così, ma dalla prossima volta vorrei che mi scriveste qualcosa di voi, così vedo a che punto siamo con l’espressione scritta...» «Come facciamo ad appoggiarci per scrivere, prof?». I ragazzi vengono trasferiti in un’aula più piccola, ma con sedie dotate di piano d’appoggio estraibile... Riempiranno, chi più chi meno, un paio di facciate di protocollo raccontando un po’ della loro vita. Prima regola: imparare al volo i loro nomi, importante sempre, fondamentale in questo caso, per motivi molteplici: controllarli, richiamarli, zittirli… E far loro capire che ci stanno a cuore, che attraverso il nome ciascuno è se stesso, è una persona, e non il numero «X» dei quarantuno della 3B… È ciò per cui facciamo questo mestiere, una scommessa in molti casi: speriamo che non diventi un incubo. Speriamo. Finisce la settimana, si fa lezione. Si parla della lingua italiana, di quanto sia varia e perché lo sia. Molti ascoltano, alcuni, non pochi (sarà perché sono così tanti?) partecipano, alzano la mano, chiedono... Qualcuno aveva tentato: «Non si può far lezione in quaranta!». Subito sistemato: «La lezione la devo fare io; voi potreste anche essere duecento come all'Università ma dovete starmi a sentire!»: bugia per prendere tempo, perché non siamo all'Università, siamo in un istituto di scuola secondaria superiore, dove potrò fare delle lezioni ex cathedra - in uno spazio angusto dove persino la domanda che chiede di approfondire, o il legittimo «Non ho capito» sono fattori di confusione - per due, tre settimane, e poi? Li interrogherò? Un mese per sentirli tutti? Farò fare una verifica scritta? Con quale livello di concentrazione? Scrive Alex: «Sono arrivato alla terza in una classe di 41 alunni nella quale è quasi impossibile scrivere e a volte anche respirare»; Massimiliano: «È impossibile lavorare con persone che fanno confusione, con difficoltà nello scrivere per lo spazio e con un caldo terrificante…»; Marco: «È una situazione indecente, non si può convivere in una classe in così tanti». E meno male che insegno Lettere… Infatti il peggio è che hanno scelto questo indirizzo desiderosi di frequentare i laboratori, che in due settimane non hanno neppure visto da lontano, perché la sicurezza, già approssimativa in classe, verrebbe totalmente a mancare e l’impossibilità di collocare ciascuno in una singola postazione vanificherebbe la didattica. Simone: «Questa situazione ti fa un po' passare la voglia». Penso con amarezza alle tante circolari che giorno dopo giorno ci sommergono… Il 2010 sarà l’anno in cui si dovrà fare il punto a livello internazionale sugli obiettivi della Conferenza di Lisbona del 2000 in merito al contenimento della dispersione scolastica… ammassare più di trenta ragazzi in classe (noi con quarantuno non siamo neppure un esempio ma un paradosso) è un valido strumento per tenere i giovani legati alla scuola almeno fino alla maggiore età? È una via praticabile per innalzare il livello medio dell’istruzione nazionale? È un ausilio all’educazione della cittadinanza vedere calpestato (in nome di cosa?) il diritto all'istruzione sancito dalla Costituzione? O quelli deboli, come dice Verga, «se li ingoia il mondo»? E ancora. Dal 2007 la legge ha regolamentato la valorizzazione delle eccellenze, ad esempio assegnando ai meritevoli premi in denaro alla fine del triennio di scuola superiore. In questo gruppo ci sono anche ragazzi molto bravi, che hanno concluso il biennio con ottimi voti: come potranno esprimere la loro eccellenza? L'ultima newsletter giunta dal ministero dice che la scuola del 2009-2010 dovrà essere «non ingessata, ma flessibile rispetto alle specifiche necessità, in grado di stimolare continuamente la curiosità e creatività dei ragazzi». Per ora ripiegano i piani d’appoggio delle loro seggiole e riassettano l'aula perché sta per suonare. «Speriamo che domani si sappia qualcosa». Speriamo. «Arrivederci prof!»...
insegnante di Italiano e Storia |