
          
          Ora di religione e dintorni
          
          di Cinzia Mion, 
          Educazione & Scuola 
			19.10.2009
			
			Qualche chiarimento va subito fatto 
			per liberare la questione dagli equivoci:
			
			1)  la 
			differenza sostanziale tra culto e cultura, 
			
			2)  la 
			differenza sostanziale tra identificazione e identità, 
			
			
			3)  la 
			differenza sostanziale tra la disciplina religione e 
			conoscenza dei fatti religiosi
			
			4) 
			la differenza sostanziale tra materia obbligatoria e 
			facoltativa e conseguente collocazione dentro o fuori 
			dell’orario obbligatorio 
			
			5)  la 
			differenza sostanziale, tra separazione ed 
			interazione-integrazione, inclusione od esclusione.
			
			Mi propongo di essere sintetica ma non 
			so se ci riuscirò: 
			
			- per quanto attiene la prima 
			differenza la revisione del Concordato e la successiva Intesa hanno  
			previsto in modo inconfutabile  il carattere culturale della 
			disciplina  religione e l’esclusione degli atti di culto 
			(preghiere,  messe, benedizioni, ecc durante l’orario scolastico)
			
			- per quanto attiene la seconda 
			differenza bisogna far ricorso alla psicologia che individua 
			l’identificazione come un percorso accompagnato da “sono come…” e 
			che sostiene il primo nucleo della crescita personale,  ed un 
			secondo momento che invece apre all’identità vera e propria “non 
			sono come…”.Anche l’identità sessuale obbedisce a questo processo : 
			identificazione con lo stesso sesso e differenziazione dal sesso 
			opposto.
			E.Erikson afferma che l’acquisizione di un’identità, sia sociale che 
			psicologica che religiosa, sia un processo complesso che comporta 
			una definizione per somiglianza con certuni e per differenza con 
			altri.
			L’identificazione è un processo più debole perché dettato dalla 
			dipendenza e dalla ricerca dell’assimilazione, l’identità invece 
			implica una maturazione più solida e consapevole,  in grado di 
			argomentare i motivi della posizione assunta.
			Vogliamo un risultato solido, in grado di reggere agli urti della 
			cultura post-moderna oppure una  assimilazione identificatoria, 
			prodotto inconsapevole dell’etnocentrismo culturale?
			
			- se questa è la base della 
			maturazione dell’identità nessuno dovrebbe opporsi alla inclusione, 
			tra le materie obbligatorie per tutti, di una disciplina che 
			solleciti la conoscenza delle principali religioni (le tre grandi 
			monoteiste ma anche quelle principali del mondo indiano e cinese) 
			che potrebbe andare sotto la denominazione di “conoscenza dei 
			fatti religiosi”, come aveva previsto in un primo tempo la 
			commissione incaricata di realizzare i Nuovi Programmi per la scuola 
			elementare (1982-84), ma che dopo la cosiddetta “notte dei lunghi 
			coltelli” ha dovuto,  a maggioranza,  cedere il passo a ”religione” 
			con i conflitti successivi che tutti conosciamo. L’ignoranza da 
			parte di tutti noi per quanto attiene le altre religioni è abissale 
			ed in una società multietnica e multiculturale sottovalutare questo 
			aspetto è colpevole oltreché stupido, nonché rischioso nei confronti 
			della creazione di un terreno facilmente occupabile dai vecchi e 
			nuovi fondamentalismi.
			Soltanto chi persegue il proselitismo può temere il confronto ma 
			allora non si parli di identità ma soltanto di identificazione . 
			Questa posizione è anche di chi crede di essere aperto e democratico 
			se propone l’ora di religione musulmana , fra l’altro giusto perché 
			non venga toccata la piega e il peso che ha oggi la religione 
			cattolica nella scuola! Ricordo che la scuola è un’istituzione laica 
			dello Stato come prevede la nostra Costituzione!!! e non "a 
			disposizione” del ministro Gelmini che a parole dice di rispettare 
			la Costituzione ma con i fatti sembrerebbe di no.
			Dico sembrerebbe in quanto si legge  che vorrebbe (è vero?) 
			addirittura che fosse assegnato al posto del giudizio un voto, con 
			cui fare media, a chi sceglie facoltativamente di frequentare l’ora 
			di religione…
			A chi, rispetto alla proposta di Urso, si lancia in elucubrazioni 
			sia per dire sì come per dire no, dico che  sfuggono alcuni 
			importanti distinzioni che qui ho provato a dipanare.
			C’è poi chi ha preso le distanze non nel merito ma nel metodo , 
			impantanandosi poi nella dimostrazione della non realizzabilità  di 
			tale proposta, come fa Messori oggi nel Corriere della sera.
			Messori, che io stimo molto, altre volte ha dimostrato equilibrio ed 
			attenzione alla laicità della scuola ma oggi, sempre secondo me, ha 
			sbagliato il tiro.
			
			- per la questione dell’orario è 
			presto detto: come si fa a sostenere che una disciplina facoltativa, 
			i cui programmi sono realizzati non dallo Stato italiano ma dalla 
			Cei, che quindi non riguarda, come tutti i programmi scolastici, 
			l’ambito della conoscenza ma quello delle scelte confessionali,  e 
			quindi attiene ai dati sensibili, venga lasciata dentro all’orario 
			obbligatorio delle lezioni? Non mi si venga a dire che si tratta 
			solo di cultura religiosa aconfessionale (perché allora i docenti 
			devono avere l’approvazione del vicario diocesano?).
			Nessuno si è posto la questione della disparità di trattamento nei 
			confronti di chi non si avvale? E non mi si venga a dire che ci sono 
			le attività alternative, attività quasi subito svalorizzate , 
			ridotte a qualcosa di insignificante o addirittura sparite senza che 
			nessuno invochi più la par condicio come è avvenuto, nel senso 
			contrario però  all’inizio,  (vedi la circolare ministeriale che 
			negli anni successivi alla revisione del concordato diffidava 
			dall’assegnare queste attività a docenti della classe per timore che 
			gli studenti che le sceglievano venissero avvantaggiati rispetto a 
			quelli che avevano invece optato per la religione cattolica, 
			dimenticando che alla scuola elementare spesso erano gli stessi 
			insegnanti di classe che con il benestare della Curia potevano 
			farlo, senza che nessuno gridasse che non c’era par condicio!!!).
			Il problema grosso consiste nel fatto che è stato addirittura il 
			Consiglio di Stato, con una decisione come spesso avviene prona ai 
			voleri del governo di turno, a sua volta timoroso del Vaticano, 
			(nessuno si salva!), a legittimare la scelta di tenere dentro 
			all’orario obbligatorio questa disciplina facoltativa. Secondo me 
			sta qui il bubbone ma si capisce che ciò tocca interessi 
			macroscopici di potere economico e di consenso politico. Se fin 
			dall’inizio si fosse presa la decisione onesta : conoscenza dei 
			fatti religiosi, obbligatoria per tutti nell’orario curricolare, e 
			scelta invece facoltativa sui relativi programmi confessionali fuori 
			dall’orario obbligatorio, oggi potremmo parlare con più serenità 
			dell’opportunità o meno di garantire anche altre confessioni 
			religiose, all’interno della scuola pubblica statale. Ricordiamo che 
			la garanzia di mantenere l’opportunità dell’insegnamento della 
			religione cattolica,  f a c o l t a t i va  nelle scuole statali 
			italiane è nei Patti Lateranensi, revisionati nel 1984,  dove però 
			non si parla di collocazione oraria. 
			
			- l’ultima riflessione riguarda 
			l’alibi dell’integrazione..Chi per avvalorare la bontà di creare 
			un’ulteriore separatezza a scuola: cattolici da una parte, 
			 musulmani da un’altra, agnostici o altre religioni nei corridoi, 
			invoca l’integrazione o è in malafede oppure ignora appunto cosa 
			avviene a scuola. Noi sappiamo che l’integrazione avviene solo 
			attraverso l’i n t e r a z i o n e che offre l’opportunità della 
			conoscenza reciproca per mezzo del confronto che rivela aspetti che 
			accomunano e aspetti che differenziano. Solo la conoscenza dissipa 
			il pregiudizio e il timore: i veri nemici dell’ integrazione.
			Se invece di far capire all’interno della comunità di apprendimento 
			che la spinta religiosa accomuna l’uomo nel tempo e nello spazio,  
			sia pur approdando a fedi diverse oppure ad agnosticismi diversi, si 
			separano i ragazzi togliendo loro tutte le opportunità di 
			interazione in questo campo-  che sembra ancora una volta nel mondo 
			il maggiore argomento di inconciliabile divisione e scontro- che 
			avvenire prepariamo ai nostri ragazzi che abiteranno un futuro, che 
			almeno io auspico,  diverso e migliore del nostro? 
          
          
			
          
			