La prefazione al libro «La sfida educativa»

Camillo Ruini*, il Mattino 11.11.2009

In ogni epoca l’educazione delle nuove generazioni ha rappresentato per ciascun gruppo umano un compito fondamentale, a cui dedicare attenzione, risorse ed energie, dando vita a regole, percorsi, usanze e anche riti formativi.
Nel nostro tempo però, almeno in Occidente, l’educazione è diventata, in maniera nuova, problema: un nodo, cioè, che sembra ogni giorno più difficile affrontare, un territorio assai cambiato e quasi sconosciuto. Sono divenuti più incerti e problematici i rapporti tra le generazioni, in particolare riguardo alla trasmissione dei modelli di comportamento e di vita, tanto che specialmente sotto questo profilo si tende a parlare di frattura o di indifferenza tra le generazioni. E, quel che più importa, appaiono ridotte e precarie le possibilità di un’autentica formazione della persona, che comporti una buona capacità di orientarsi nella vita, di trovarvi significati e motivi di impegno e di fiducia, rapportandosi agli altri in maniera costruttiva e non smarrendosi davanti alle difficoltà e alle contraddizioni. In altre parole, mentre sono assai aumentate, sotto diversi profili, le opportunità e le facilitazioni a nostra disposizione, diventa più arduo tenere insieme la consapevolezza di sé e del mondo in cui viviamo, la libertà e la responsabilità delle nostre decisioni, cioè quegli elementi che sembrano essenziali per una vera educazione.

La Chiesa si sente interpellata da una situazione di questo genere. Fin dall’inizio, infatti, spinta dalla sua sollecitudine per l’uomo, ha esercitato una particolare vocazione educativa nei confronti delle persone, delle famiglie e di intere popolazioni. «L’uomo è la via della Chiesa», si legge nell’enciclica Redemptor Hominis di Giovanni Paolo II. Per questo essa non può non essere interessata alla formazione del soggetto umano. Suo compito specifico è certamente l’educazione alla fede, la formazione del cristiano, non però in modo astratto, non prescindendo cioè dalla consistenza umana delle persone, bensì interessandosi all’autentica umanità di tutti coloro che incontra sul proprio cammino, compresi i non cristiani, come mostra una lunga esperienza di lavoro educativo in molti paesi.

In questi anni la Chiesa italiana ha più volte richiamato l’attenzione sull’attuale «emergenza educativa». Si rende conto infatti che la posta in gioco riguarda il senso stesso che attribuiamo all’uomo e alla nostra civiltà. Nei limiti del possibile cerca quindi di farsi carico del compito e della sfida davvero grandi che questa emergenza ci pone davanti. La Chiesa sa però altrettanto bene che non si tratta in alcun modo di un suo compito esclusivo e che occorre invece promuovere una collaborazione aperta a tutto campo, così come sono condivise da molte parti le preoccupazioni per la qualità dell’educazione.
Il Rapporto-proposta che proponiamo non si concentra in primo luogo sulle tecniche educative, che sono utili e importanti ma non decisive: oserei dire tanto più utili quanto più consapevoli di non costituire il tutto dell’educazione. Consideriamo cioè l’educazione come un processo umano globale e primordiale, nel quale entrano in gioco e sono determinanti soprattutto le strutture portanti – potremmo dire i fondamentali – dell’esistenza dell’uomo e della donna: quindi la relazionalità e specialmente il bisogno di amore, la conoscenza, con l’attitudine a capire e a valutare, la libertà, che richiede anch’essa di essere fatta crescere ed educata, in un rapporto costante con la credibilità e l’autorevolezza di coloro che hanno il compito di educare. «Il rapporto educativo – scrive Benedetto XVI – è anzitutto l’incontro di due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà». In concreto, le difficoltà di questi ultimi decenni stanno facendo riemergere quella necessità di precise regole di comportamento e di vita che si ritrova in tutte le grandi tradizioni educative. Ancora più profondamente, rilanciano un decisivo principio antropologico: quello per cui abbiamo bisogno di educazione, non tanto per essere buoni cittadini o buoni cattolici, ma semplicemente per essere uomini. Per questo abbiamo insistito in modo particolare sul carattere generativo dell’educazione, sull’importanza che ha per l’uomo e per la donna l’essere accompagnati, educati, sia nella vita intellettuale che in quella affettiva, nella capacità di ascolto come in quella di comprensione e di giudizio critico.

Questo Rapporto-proposta non è dunque settoriale: prende in attenta considerazione ciascuno degli ambiti specificamente deputati all’educazione, come la famiglia e la scuola, o che comunque possono svolgere in essa un ruolo significativo, ma ha l’ambizione di riflettere sui motivi più profondi delle attuali difficoltà ed affronta pertanto alcune fondamentali questioni antropologiche. Avendo come suo scopo la formazione e lo sviluppo del soggetto umano, l’educazione è infatti intrinsecamente connessa con le risposte che vengono date ai grandi interrogativi riguardo all’uomo. Il libro si occupa quindi anche di quei pervasivi fattori educativi che sono la società nel suo complesso e la sua cultura: in realtà, pur con diversi gradi di responsabilità secondo il ruolo sociale di ciascuno, siamo tutti in qualche modo attori del processo educativo. Proprio per rivolgersi a tutti il linguaggio del Rapporto-proposta ha cercato di evitare i tecnicismi e di limitare al minimo il ricorso a termini specialistici.

Gli orientamenti di fondo qui proposti vengono assunti come ipotesi di lavoro nell’esame delle situazioni concrete dell’educazione in Italia, con i loro aspetti positivi, problematici o anche francamente negativi. La descrizione e interpretazione di ciascuna di esse è sintetica ma cerca di essere accurata. L’obiettivo non è comunque soltanto descrittivo e interpretativo: è soprattutto offrire un contributo al fine di fare evolvere positivamente la situazione. Perciò questo libro è, oltre che un «rapporto», una «proposta» di linee orientatrici e anche di correzioni di rotta. Esse ambiscono a una valenza di medio e lungo periodo, ma riguardano anzitutto ciò che appare da farsi in questi anni e in particolare l’approccio che sembra richiesto per far crescere e irrobustire quella che è, sotto ogni profilo, la prima risorsa di un corpo sociale, cioè la persona, il soggetto umano.



* Presidente del Comitato per il progetto culturale della Cei