INTERVISTA
Il cardinal Martino Giacomo Galeazzi, La Stampa 23.3.2009
CITTÀ DEL VATICANO
«A forza di tagli agli istituti
paritari si impedisce ai genitori di decidere i percorsi formativi
per i loro ragazzi. La Santa Sede non è riuscita a inserire nel
Concordato una effettiva parità scolastica come era logico che
avvenisse. In Germania gli istituti vengono finanziati al 100% sulle
persone e al 95% sulla gestione, mentre in Italia i pregiudizi
ideologici del laicismo sono ancora un ostacolo. Persino in
Thailandia, Singapore, Malaysia dove i cattolici sono una piccola
minoranza, le autorità incoraggiano la nostra attività pedagogica
fondata sulla centralità della persona e la sua formazione
integrale. Nel mondo ci sono un miliardo di studenti e 58 milioni di
insegnanti, in tutto questo, le scuole cattoliche sono 250 mila,
sono frequentate da 42 milioni di allievi e hanno tre milioni e
mezzo di docenti».
«Sì. Adesso le scuole cattoliche sono
ritornate di moda per la loro serietà, perché non si fanno scioperi
e funzionano meglio, ma ad un certo punto erano quasi disprezzate.
Come fissato dalla stessa Costituzione, gli istituti privati hanno
il diritto di essere sostenuti a livello giuridico ed economico:
offrono un servizio e il loro finanziamento pubblico sarebbe un
enorme risparmio per lo Stato perché nelle scuole cattoliche il
costo medio per alunno è molto inferiore rispetto a quelle statali.
La parità scolastica non è un privilegio, ma un diritto». «Di poter offrire il servizio educativo per la formazione delle giovani generazioni. Serve una valorizzazione delle potenzialità educative del mondo cattolico e anche il Parlamento europeo ha stabilito l’obbligo di rendere possibile la libertà di insegnamento sotto il profilo finanziario e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie. E ciò in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici, senza discriminazione nei confronti dei gestori, dei genitori, degli alunni e del personale. E’ un traguardo di civiltà che gli italiani ancora attendono». |