L'intervista Il rettore della Bocconi e il piano Gelmini
«Concorsi per prof «Gli atenei che producono di più vanno premiati» Giulio Benedetti, Il Corriere della Sera 26.3.2009
ROMA — «Un'innovazione che potrebbe essere importante e che ci
avvicinerebbe alle migliori pratiche internazionali». Guido
Tabellini, rettore dell'Università Bocconi, con numerose esperienze
anche di insegnamento presso università americane, guarda con
fiducia al piano del ministro Gelmini per rendere più trasparente il
reclutamento dei professori universitari, superando l'attuale
organizzazione dei concorsi. Un sistema nazionale di valutazione con
il rilascio di un'abilitazione a cui far seguire la chiamata diretta
da parte delle singole università.
«È senz'altro una novità. L'innovazione consiste nel distinguere tra
un momento di reclutamento esterno alle università e uno di
promozione interna (l'assunzione da parte del singolo ateneo).
Finora il concorso è stato una finzione ipocrita. Le università per
promuovere il proprio candidato bandivano un posto. Ma essendo il
bando rivolto a tutti, mettevano il docente dell'ateneo in
concorrenza con altri docenti, falsando però il concorso stesso
perché ciascun ateneo spingeva per il proprio candidato. In futuro
le promozioni a ricercatore, associato e ordinario dovrebbero
avvenire — i dettagli non li conosciamo ancora — in due fasi
separate: prima attraverso l'abilitazione nazionale — che garantisce
un livello minimo di qualità — poi con un secondo filtro costituito
da regolamenti che ogni università dovrà darsi in cui sono indicati
i criteri meritocratici per la promozione. Questo consente
all'università di avere dei criteri di merito ancora più stringenti
di quelli usati per l'abilitazione nazionale ».
«Bisognerebbe conoscere in cosa consiste questo secondo filtro. Se è
debole o sbagliato è difficile che il Miur, soltanto con la lista
nazionale degli abilitati, possa spingere nella direzione giusta.
Può eliminare solo gli abusi peggiori».
«La volontà di scegliere i docenti migliori deve essere incentivata
attraverso un altro aspetto della riforma di cui si sta discutendo:
la valutazione delle università e la distribuzione delle risorse in
base al merito. Sono necessarie delle regole che consentano agli
atenei, statali e non, con la migliore produttività scientifica di
ottenere più risorse. Infatti queste università avrebbero dimostrato
di saper fare un miglior uso delle risorse e di avere una maggiore
capacità di attrazione dei docenti migliori».
«Il modo cambia, nel business privato cambiano i modi di
organizzazione interna, i contratti, le procedure di assunzione.
Un'impostazione troppo centralistica, dove tutte le università siano
controllate interamente dal Miur, ci costringerebbe a restare
indietro rispetto ad altri paesi più facilitati nell' adattarsi ai
cambiamenti. Bisogna ricordare che in Italia il titolo di studio ha
un valore legale. Nel nostro sistema questo implica anche avere
docenti assunti con le procedure previste dal ministero. Oggi, tanto
per fare un esempio, io non posso assumere un giovane e promettente
docente di Harvard, su una posizione superiore a quella da lui
occupata nel suo ateneo, anche se dotato di titoli scientifici, a
meno che questi non sia disposto ad affrontare la trafila
burocratica e a sottoporsi oggi ai concorsi, speriamo domani alla
procedura di abilitazione. Sarebbe invece auspicabile consentire ad
alcuni atenei margini di sperimentazione per assumere docenti
promettenti anche al di fuori delle procedure ministeriali». «Questi margini di sperimentazione di nuovi meccanismi contrattuali o di forme alternative di reclutamento potrebbero essere utili anche per le migliori università statali. Oggi ce ne sono molte ben organizzate, con docenti produttivi e capaci di fare buone scelte. Sarebbe importante metterle in condizioni di reclutare docenti con modalità scelte da loro. Eventuali innovazioni introdotte con successo dalle università che hanno la possibilità di sperimentare potrebbero poi essere introdotte in tutto il sistema, garantendone maggior dinamicità e capacità di adattamento ». |