Scuola, anche gli immigrati
Contrari alle "classi ghetto" i rappresentanti
degli extracomunitari. Il Tempo, 17.3.2009 Milano, Torino, Firenze, Roma. Il fenomeno non solo dei quartieri ma anche delle scuole che lentamente si trasformano in piccoli territori mono-etnici, dove i profumi sono quelli di paesi lontani e sulle scritte dei negozi non si legge quasi più in italiano. E così nelle aule delle scuole, soprattutto materne e elementari, il presepe cambia nome e si chiama «villaggio globale», e i piccoli alunni italiani chiedono alle mamme perché invece di chiamarsi «Francesca» o «Marco», non si chiamano Jasmine o Tariq. È l'effetto di un'integrazione non controllata, spesso affidata alla discrezionalità di maestri e dirigenti scolastici, alla nascita di quartieri che nel giro di pochi anni perdono tutto quanto avevano di italiano e acquisiscono colori, profumi e contorni di tante piccole città nella città. Un modello che nella Capitale è clamorosamente fallito nella scuola Carlo Pisacane, divenuta emblema di un fenomeno che sta preoccupando tutte le città: su 180 iscritti, 165 sono stranieri e nella prima elementare del prossimo anno ci saranno tre bambini italiani su 21. Una situazione «esplosa» dalla preoccupazione delle mamme che non ne possono più di gite scolastiche non fatte, di minareti al posto dei prepepi, di feste di compleanno semideserte. L'effetto insomma non è solo quello di una mancata integrazione ma di una «discriminazione» al contrario. Un effetto che non piace affatto neanche ai rappresentanti delle comunità straniere, che hanno già siglato un protocollo d'intesa con l'assessorato capitolino alla Scuola per favorire una corretta integrazione e che si dicono d'accordo sull'introduzione delle quote stranieri in classe. «Più che di integrazione vera e propria, si tratta di convivenza - commenta Maddison Bladimir Gody Sanche, consigliere comunale aggiunto - il problema infatti non è squisitamente linguistico, o meglio l'apprendimento dell'italiano può essere un problema per le classi medie ma non per i piccoli di materne o elementari. Noi siamo assolutamente d'accordo nel fare qualcosa per evitare queste realtà e dunque anche all'inserimento di una quota di stranieri per classe. Stiamo poi lavorando molto sul mediatore culturale, una figura importante, non solo nelle scuole e che dovrebbe avere un profilo professionale ben preciso. Le tasse poi - tiene a precisare Sanche - le paghiamo anche noi e anche noi vogliamo servizi efficienti. Occorre parlare molto con le famiglie straniere, per far comprendere magari che cambiare scuola può essere una grande occasione, e con quelle italiane per far capire che non c'è nulla di male a invitare anche bambini stranieri a una festicciola di compleanno». Per la Pisacane di Roma, intanto, si sta studiando l'ipotesi di dividere in due le classi e raggiungere almeno il 50% di alunni italiani per aula. |