Identikit del laureato-insegnante

di Andrea Cammelli  e Francesco Ferrante, La Voce 23.3.2009

Lungi dall'essere un corpo omogeneo, l'universo degli insegnanti è al suo interno molto differenziato. Significative le differenze nei meccanismi e nei fattori di selezione e autoselezione in entrata dei laureati-insegnanti. Ciò riflette differenti motivazioni culturali, ma anche la presenza di asimmetrie nelle opportunità occupazionali e professionali, effettive o percepite. L'unico elemento comune a tutti sembra essere l'elevata quota e la lunga durata della condizione di precarietà. I risultati di una indagine della Fondazione Agnelli su dati Almalaurea.

Quali sono le caratteristiche dei laureati che decidono di dedicarsi all'insegnamento? Che cosa li differenzia dai colleghi che invece si tengono ben lontani da una carriera all'interno del sistema istruzione? A questa domanda, che riteniamo centrale quando si discute di riforme delle istituzioni scolastiche italiane, abbiamo cercato di rispondere in un’indagine, svolta per la Fondazione Giovanni Agnelli, sui laureati che hanno optato per l’insegnamento, presenti nella banca dati Almalaurea. Informazioni ed elementi utili al dibattito sono ricavabili anche dall’indagine sulla scuola secondaria superiore, svolta per la Fga nell’ambito del progetto Almadiploma. (1)

 

DIVERSI, MA UNITI DALLA PRECARIETÀ

Il rapporto preparato per la Fga utilizza alcune elaborazioni che consentono di caratterizzare il collettivo dei laureati-insegnanti a confronto con gli altri laureati. L’ipotesi comportamentale sulla quale si basano è che le scelte formative e occupazionali, oltre a essere condizionate dal background socio-culturale degli individui, siano indirizzate da motivazioni e aspettative economiche e socio-culturali. Sulla base di tali ipotesi, l’indagine identifica i tratti distintivi dei diversi collettivi di laureati-insegnanti, selezionati al fine di risultare omogenei rispetto ai percorsi formativi compiuti e, quindi, alle chance occupazionali.

L’universo degli insegnanti, di solito trattato come un corpo sostanzialmente omogeneo, è invece al suo interno molto differenziato. In particolare, si evidenziano significative differenze nei meccanismi e nei fattori di selezione e autoselezione in entrata dei laureati-insegnanti, a seconda dei gruppi di corsi di laurea di provenienza e, quindi, delle scuole di sbocco (tabelle 1 e 2). (2)

Ciò riflette le differenti motivazioni culturali, in parte riconducibili al background degli individui, ma anche la presenza di asimmetrie nelle opportunità occupazionali e professionali, effettive o percepite, con le quali essi si confrontano a seconda della laurea posseduta e delle famiglie di origine. I comportamenti effettivi dei laureati-insegnanti rispondono, di conseguenza, in maniera diversa agli incentivi con i quali si confrontano. L’unico elemento comune riscontrato tra i diversi laureati-insegnanti è l’elevata quota di precari e la durata della condizione di precarietà. A cinque anni dalla laurea, solo il 38 per cento circa ha un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, contro circa il 49 per cento (il 74 per cento se si includono coloro che svolgono lavoro autonomo) degli altri colleghi in possesso della stessa laurea.

 

INDICAZIONI PER POSSIBILI INTERVENTI

La caratterizzazione non omogenea del corpo insegnante appare in linea con i risultati dell’indagine Pisa, che disegnano un quadro altrettanto articolato della scuola italiana in funzione delle discipline, del tipo di scuola e dei territori considerati.

Tale differenziazione offre una prima indicazione di policy: gli assetti organizzativi delle scuole e i meccanismi retributivi e di carriera degli insegnanti dovrebbero riconoscere, più di quanto si verifichi ora, la varietà di motivazioni e aspettative che riguardano sia le differenze tra ambiti disciplinari sia quelle tra livelli di istruzione e tipi di istituto superiore.

Una seconda indicazione, questa legata all’analisi delle aspirazioni o motivazioni dei laureati-insegnanti, è che per rendere più appetibile l’insegnamento per i laureati migliori, occorre giocare sia sugli incentivi retributivi e di carriera sia sulle motivazioni di natura culturale, che sembrano caratterizzare maggiormente le scelte dei laureati-insegnanti a confronto con gli altri laureati (tabella 3).

La terza indicazione di policy riguarda le condizioni di accesso all’insegnamento e scaturisce dalla lettura congiunta dei dati dell’indagine Pisa e di quelli relativi ai meccanismi di selezione e di autoselezione degli insegnanti per tipo di laurea/ambito disciplinare (tabella 1). Recuperi di efficacia ed efficienza nel sistema d’istruzione potrebbero essere ottenuti, soprattutto per le discipline di base, introducendo meccanismi che orientino le scelte formative dei futuri insegnanti sin dalle scuole medie superiori. A questo proposito, vi è da chiedersi quanto sia opportuno mantenere tuttora indiscriminato l’accesso all’insegnamento delle discipline di base e non prevedere, invece, una maggiore coerenza complessiva del percorso formativo degli insegnanti che si estenda, oltre al titolo di laurea, anche al tipo di scuola secondaria superiore frequentato.

 


(1) Entrambe le due indagini sono disponibili sul sito della Fondazione Agnelli.
(2) I dati riguardano 1500 laureati-insegnanti a 5 anni dalla laurea.

Tabella 1. Alcune caratteristiche dei laureati che hanno optato per l’insegnamento, intervistati a cinque anni dalla laurea, a confronto con gli altri laureati (numeri indice)

 

 

Tabella 2: Aspetti di soddisfazione per il lavoro svolto dai laureati pre-riforma 2002 intervistati a cinque anni dalla laurea a confronto con gli altri laureati: numeri indice.

 

(1) comprende i gruppi agrario, architettura, chimico-farmaceutico

Tabella 3. Laureati del 2002: importanza attribuita al momento della laurea a vari aspetti del lavoro ideale cercato, per professione svolta a cinque anni (valori medi su giudizi standardizzati)