Londra, immagini di impatto duro, come le storie di
disperazione finite nelle cronache
Cyberbulli, campagna shock Chiara Brusa Gallina, la Repubblica 24.3.2009 Il cyberbullismo, ovvero il lato negativo della tecnologia: la tortura psicologica per un adolescente del ventunesimo secolo può alimentarsi sul web, viaggiare via sms, materializzarsi tra gli "amici" del social network preferito. Un tormento che non si può chiudere fuori dalla porta della stanza e a cui è difficile sfuggire, con i computer e i cellulari sempre connessi. In Gran Bretagna la risposta arriva da una campagna nazionale che combatte i bulli virtuali attraverso i cybermentor: giovani 2.0, pronti ad ascoltare i coetanei che soffrono per situazioni di questo tipo, sentinelle da contattare sul web per ottenere supporto. L'idea è dell'associazione per la prevenzione del bullismo Beatbullying, che ha lanciato il sito Cybermentors partendo dal presupposto che per i teenager è più facile sfogarsi con ragazzi come loro che con genitori e insegnanti. I mentori digitali sono circa settecento volontari che hanno superato un corso di formazione e danno supporto prima dell'intervento degli esperti. Il programma ha subito sortito i suoi effetti: in tre settimane dall'apertura del sito più di 20mila giovani si sono rivolti al servizio per cercare aiuto. "Centinaia di loro hanno ammesso apertamente di aver pensato al suicidio o all'autolesionismo perché vittime di bullismo verbale o fisico, sia online che non", afferma Emma Jane Cross, direttore generale dell'associazione. L'argomento è d'impatto, così come le immagini che accompagnano la campagna firmate dall'agenzia M&C Saatchi: un flacone di pillole accanto a un corpo esanime, un polso insanguinato, persino un impiccato. Dietro alla crudezza di questi manifesti c'è un rimando a fatti di cronaca. L'ultimo è la vicenda di Jessie Logan, 18enne americana, che si è tolta la vita perché vittima di bullismo. La ragazza aveva praticato quello che in gergo si chiama "sexting", aveva spedito con il cellulare al suo fidanzatino alcune foto osé. Quando la loro relazione si era interrotta le immagini avevano iniziato a circolare e per lei era cominciato l'incubo: insulti, scherno, reputazione rovinata. Jessie era andata anche in televisione per chiedere di fermare l'infame catena virtuale, ma alla fine non ha retto il peso della vergogna e si è suicidata. Storie portate fino alle estreme conseguenze, che spesso sfuggono alla volontà di chi ne ha dato il via. L'obiettivo dei cybermentor è aiutare le vittime, creare un sistema di allarme che denunci se c'è "bullismo in corso", ma anche far prendere coscienza ai bulli della gravità delle loro azioni. Secondo uno studio condotto da Beatbullying su circa duemila adolescenti tra gli 11 e i 18 anni, uno su tre ha subito bullismo, mentre il 56 per cento dei ragazzi ha praticato almeno una volta il bullismo virtuale: dalla forma lieve come l'sms offensivo a quella più forte del pettegolezzo amplificato dalla rete, magari condito con fotografie e video. La ricerca segnala anche che per il 31 per cento del totale si è trattato di uno scherzo, mancava la piena consapevolezza del male che si stava causando. Il portavoce della campagna è il campione di boxe di origine italiana Joe Calzaghe, che racconta di essere stato vittima dei compagni di classe quando aveva 13 anni. La riscossa contro il cyberbullismo voluta da Beatbullying tocca tutti i mezzi preferiti dai giovanissimi, con canali dedicati su Flickr, YouTube, Twitter e Bebo, uno dei social network più amati in Gran Bretagna, e poi MySpace e Facebook, che in occasione del Safer internet day del 10 febbraio scorso si sono dichiarati disponibili a contrastare il bullismo digitale, che sta aumentando nel mondo anglosassone. Un allarme che, invece, sembra non riguardare l'Italia. "Il cyberbullying non è l'attività prevalente dei ragazzi italiani, che usano cellulare e internet soprattutto per socializzare", dice Oliviero Facchinetti, psicologo, psicoterapeuta e autore di Bulli (Eurilink editori). Anche nel nostro Paese, però, da qualche anno il tema delle prepotenze tra giovanissimi è sotto stretto monitoraggio: il ministero dell'Istruzione ha istituito il sito Smonta il bullo e il numero verde 800 66 96 96. "Il problema - avverte Facchinetti - non va sottostimato, ma bisogna stare attenti a non criminalizzare l'uso delle nuove tecnologie. L'importante è creare una cultura di responsabilità rispetto alle conseguenze di un utilizzo sbagliato". Secondo l'esperto, i toni forti della campagna inglese "non corrispondono alla realtà italiana": "Sono casi limite e non devono oscurare gli episodi di bullismo più lievi, che comunque provocano moltissima sofferenza". |