Cresce la quota di chi conosce bene lingue
straniere, software e multimedia
Quest'anno in quattro su dieci hanno finito "in corso". Il quadruplo
del 2001
Laureati, più inglese e informatica
ma poche speranze di lavoro
Preoccupa però la quota di chi intende studiare ancora. Anche dopo
"il 3+2"
L'indagine di AlmaLaurea su 190 mila giovani provenienti 49
università
Federico Pace, la
Repubblica 27.5.2009
Provati dalla
crisi e in attesa di tempi migliori. I neolaureati italiani escono
dalle facoltà in regola con i tempi ma non sanno bene cosa farsene
del titolo appena conseguito. Senza troppi esami fuori corso, con
una conoscenza dell'inglese superiore a quella dei loro fratelli
maggiori e una familiarità con i segreti dell'informatica che chi li
ha preceduti non aveva mai avuto. Hanno frequentato molte più
lezioni di chi si è seduto negli stessi banchi qualche anno fa. Non
sempre gli studi sono di grande qualità, eppure i voti sono alti.
Molti, soprattutto i più giovani, preferiscono la facoltà sotto casa
e hanno smesso di fare l'Erasmus. Troppi costi e troppo poco tempo.
Poche le speranze. Meglio laurearsi subito, poi si vedrà. Eppure
quando escono dalle aule, pochissimi, tra gli operatori
dell'economia e del mondo del fare, sembrano aspettarli davvero per
offrirgli una chance. Tanto che molti di loro, ancor più che negli
anni scorsi, tornano sui propri passi e si rimettono a studiare. O
almeno promettono che lo faranno.
L'undicesimo
rapporto di AlmaLaurea mette sotto la lente i neolaureati del 2008,
gli ultimi, o i penultimi, usciti dalle facoltà italiane già in
fibrillazione per i tagli che si annunciano per il 2010. Il
consorzio universitario, diretto da Andrea Cammelli, presenta oggi,
all'università di Padova, la sua undicesima indagine annuale dopo un
attento studio di un campione di quasi 190 mila ragazzi e ragazze
provenienti da 49 università. I temi affrontati a Padova sono molti.
Dall'analisi su come il contesto socio-formativo condizioni la
scelta del percorso di studio alla qualità percepita nell'opinione
dei laureati. Da un confronto della regolarità degli studi tra prima
e dopo la riforma alla tavola rotonda sugli iter formativi tra le
tante riforme in atto e le altre riforme attese e prossime venture.
"Regolari", voti alti e più giovani.
Nel 2001 riuscivano a raggiungere l'agognato titolo, senza andare
fuori corso, solo il 9,5 per cento dei neolaureati. Oggi arrivano
alla stessa meta il quadruplo dei giovani. Il miglioramento, da
questo punto di vista, è confortante. Allo stesso tempo, se nel 2001
si laureavano con ritardo sette giovani su dieci ora questa
percentuale è scesa al 45 per cento. La votazione rimane alta anche
quest'anno con una media complessiva pari a 103 su 110 e una media
ancora più elevata per quelli che completano il "3+2" che ottengono
un voto di 108,7 su 110. Per quanto riguarda l'età anche quest'anno
si conferma una media intorno ai 27 anni nonostante si cominci a
fare sentire sempre di più il fenomeno dei "fuori quota", ovvero di
coloro che si iscrivono all'università anche molti anni dopo avere
conseguito il titolo di maturità.
Più informatica e lingue. Tra il
2001 e il 2008, secondo i dati di AlmaLaurea, i giovani che hanno
una conoscenza "almeno buona" dell'inglese è cresciuta di sette
punti percentuali. Un elemento questo che sembra fare sperare per il
recupero di un gap "storico" e gravissimo che i percorsi formativi
non sono mai riusciti a colmare. Il miglioramento è stato ancora
maggiore nel campo dell'informatica. I neolaureati dell'ultimo anno
che maneggiano con familiarità fogli elettronici, strumenti
multimediali, sistemi operativi e programmi di scrittura, sono il
dieci per cento in più rispetto ai loro fratelli maggiori del 2001.
Origini sociali e offerte formative.
Quest'anno i dati mostrano anche un incremento in uno di quei
parametri fondamentali per la mobilità sociale. Il 72 per cento dei
neolaureati del 2008 ha infatti portato per la prima volta il titolo
di terzo livello in famiglia. E se nel 2004, solo il 20,5 per cento
dei laureati proveniva da origini sociali meno favorite, quest'anno
la percentuale è salita al 23 per cento. Resta però, dice Cammelli
che "a proseguire gli studi sono soprattutto i giovani provenienti
da contesti familiari socialmente ed economicamente più favoriti".
Il fenomeno dei "fuori quota".
In questi ultimi sette anni si è registrato un progressivo aumento
di coloro che si iscrivono all'università anche qualche anno dopo
avere compiuto i fatidici diciannove anni. Nel complesso nel 2001
erano 17 mila. Nell'ultimo anno sono divenuti 63 mila, ovvero il 21
per cento dei neolaureati. Il fenomeno diventa ancora più
significativo se si pensa che quelli che entrano, o rientrano, in
facoltà con dieci anni di ritardo sono passati dal 2,8 per cento al
6,5 per cento.
Più vicini a casa. Nel tempo,
soprattutto i giovanissimi, ovvero i laureati di primo livello,
hanno mostrato una tendenza a seguire e completare gli studi in
facoltà nella sede di residenza. Oggi sono il 51,3 per cento, ovvero
cinque punti percentuali in più di qualche anno fa. Così come i
laureati del triennio vanno sempre meno all'estero a fare esperienze
di studio come l'Erasmus. Tra le cause, indicate dal rapporto, di
quest'ultima preoccupante tendenza, ci sarebbero la riduzione degli
anni di studio, il ritmo serrato di lezioni e prove e la crescente
difficoltà a sostenere i costi per la permanenza all'estero.
Dopo la laurea. Tanti sono i
giovani che intendono continuare a studiare. Più ancora di quanti
non fossero negli anni scorsi. Di quelli che hanno terminato il
triennio, vogliono ripresentarsi ai nastri di partenza universitari
il 77 per cento. Tutti loro vanno verso il biennio della
specialistica e si rimetteranno a studiare. Ma non solo. Anche buona
parte (il 43 per cento) di chi chiude il quinquennio del "3+2"
manifesta l'intenzione di non lasciare lo studio. A dirlo sono
soprattutto neolaureati delle regioni del Sud Italia. Riuscire a
capire il perché di queste scelte e dare a questi giovani la
possibilità di una scelta diversa, è l'urgente compito che deve
essere assolto, senza più attese, da chi guida il Paese.