UNIVERSITÀ

Gelmini, investire sui giovani
come fa Berlusconi

 La Stampa 7.5.2009

ROMA
«Serve un investimento vero nei giovani». Così il ministro della Pubblica istruzione, Maria Stella Gelmini, a margine di una tavola rotonda sull’università e la ricerca all’accademia nazionale dei lincei a Roma. Per il ministro non c’è una politica della ricerca e occorre «dare spazio ai molti talenti. Il presidente Berlusconi - ha sottolineato - ha voluto investire per esempio nella politica giovani sconosciuti come la sottoscritta. Mi piacerebbe, quindi, che anche all’interno del mondo della ricerca e dell’università ci fosse un vero ricambio generazionale. Abbiamo professori che vanno in pensione molto tardi e tantissimi ragazzi che non riescono a entrare nelle università. Quello che Berlusconi ha fatto in politica facciamolo nella università e nella ricerca».

In particolare sulla mobilità dei docenti il ministro ha sottolineato: «Vogliamo che siano riconosciute le esperienze svolte all’estero. Spesso i professori italiani conseguono attestati importanti in università straniere ma tutto questo non è spendibile all’interno del nostro Paese. Ci vuole mobilità all’interno ma anche a livello internazionale».

Nel Ddl vi è anche un punto che riguarda il ruolo dei rettori e il ministro Gelmini ha voluto ringraziare il presidente della Conferenza dei rettori che «si sta dimostrando veramente riformista e sta agevolando un confronto non facile con il mondo dell’università». Secondo il ministro «ripensare alla governance dell’università significa ripensare il ruolo del rettore.

Penso si debba andare fino in fondo sull’autonomia. Oggi - ha continuato - si parla molto di autonomia all’interno dell’università ma l’autonomia è sganciata dalla responsabilità e dalla assunzione di scelte precise. Noi abbiamo invece bisogno di rettori che abbiano pieni poteri e che siano valutati in base ai risultati raggiunti». Il ministro ha poi concluso ribadendo la volontà del Governo di coinvolgere nello studio del Ddl tutti gli attori dell’università, soprattutto gli studenti, perchè «da questa riforma deve emergere che l’università serve soprattutto a loro».