Precari, basta promesse
Una lettera di chi lavora nelle università
italiane
senza un contratto a tempo indeterminato: la pazienza è finita
Flavia Amabile, La
Stampa 9.5.2009
Il ministro Mariastella Gelmini ha annunciato
che probabilmente tra pochi giorni sarà approvato il decreto legge
di riforma dell'università. Lo si attende da mesi, i precari sanno
già che non porterà nulla di buono per loro e l'Aprit,
l'Associazione precari italiani, lo hanno scritto in questa lettera.
Nella
totale indifferenza del Paese
una generazione di ricercatori sta per essere buttata al macero,
abbandonata al suo destino senza nessuna possibilità oltre la fuga
all’estero.
Il Ministro Gelmini annuncia
infatti da ormai 6
mesi la mirabolante impresa di aver riformato i concorsi
universitari e di aver "creato" 4000 nuovi posti per ricercatori,
senza rendersi conto che nella realta' i regolamenti NON sono stati
modificati, e i 4000 posti annunciati non sono stati nemmeno messi a
concorso.
Il Ministero dell'Università e
dell'Istruzione, ritarda da mesi l'elezione per le
commissioni dei concorsi gia' banditi, e i suoi tecnici stanno
impiegando 6 mesi per emanare un decreto ministeriale (inizialmente
previsto entro il trentesimo giorno dall'emanazione della legge che
dovrebbe rendere esecutiva, la 1/2009) che dovrebbe materialmente
dettare le nuove regole per i concorsi. Quali misteriose ragioni
tecniche (ammettendo che le ragioni siano esclusivamente tecniche)
stanno ritardando in modo così straordinario la pubblicazione di
questo provvedimento?
Le Universita', intanto, potrebbero
comunque cominciare a bandire i posti perche' i
soldi ci sono (li ha stanziati il defunto governo Prodi, addirittura).
Ma se ne guardano bene: le lobbies universitarie non vogliono
evidentemente correre il rischio di bandire "al buio", ovvero senza
conoscere quelle regole che si devono per forza taroccare, senno'
come si promuovono portaborse inetti, figli, nipoti e amanti che in
questi ultimi anni - grazie ai meccanismi di reclutamento
insensatamente perpetuati dopo il ministero Berlinguer - hanno
affollato le cattedre universitarie? Tanto piu' che, anche se i
posti sono cofinanziati dal Ministero al 90%, son comunque spiccioli
che e' bene tenere in tasca, pena il rischio di sforare la famosa
quota 90 (90% del budget che se ne va in soli stipendi) oltre la
quale arrivano le sanzioni del Ministro Tremonti. Un rischio troppo
grosso, specie poi se la perpetuazione della parentopoli non e'
sicura.
I Parlamentari della Maggioranza,
in particolare quelli che di Universita' se ne intendono, danno
infine il loro piccolo contributo seminando bozze di un mitologico
ddl di riforma dell'Universita' dove prospettano soluzioni
terroristiche alla crisi dell'Universita' accanendosi ancora di piu'
sull'anello debole, i precari. Minacciano di introdurre un vincolo
temporale per cui dopo 5 anni dal dottorato si viene automaticamente
espulsi, senza possibilta' di poter concorrere ai posti da
ricercatore; sanciscono per legge l'anomalia tutta italiana
dell'"aspirapolvere" (la sovrabbondanza di prof associati e ordinari
per pagare i quali le risorse sono risucchiate ai ricercatori,
postdoc e dottorandi e alla ricerca in genere) istituendo un
rapporto ricercatori:associati:ordinari di 40:33:27 (nel resto del
mondo si attesta su 60:30:10); giocano a spartirsi la torta della
"governance" istituendo rettori sovrani assoluti e minimizzando il
ruolo della rappresentanza universitaria nell'amministrazione
dell'Universita' stessa.
Dopo aver fatto svariate volte appello
a tutte le forze in campo perche' si evitasse di buttare a mare le
competenze e, non da ultimo, la vita di migliaia di precari, ed aver
ottenuto solo rinvii, tagli e blocchi, i precari della ricerca
affilano quindi le armi. Da qui in avanti,senza nessun preavviso,
aspettatevi blocchi della didattica, delle sessioni di laurea, dei
congressi e convegni che spesso sono organizzati proprio grazie ai
precari, blocco dei progetti di ricerca e dei monitoraggi, appelli
alla comunita' internazionale e alle istituzioni europee. L'Italia
sembra non accorgersi che per vincere le sfide dell'immediato futuro
non può permettersi di perdere un'integra generazione di ricercatori,
su cui ha investito attraverso anni di studi, di formazione alla
ricerca, di investimenti che andrebbero irreversibilmente buttati
via. Forse è arrivata l'ora che qualcuno lo ricordi. La pazienza e'
finita.