SCUOLA

Il prof: lo "statalismo regionale" dei dialetti
non sbroglia la matassa educativa

Gianni Mereghetti il Sussidiario 30.7.2009

Gli insegnanti dovranno superare test di dialetto per essere inseriti negli Albo regionali? E dovranno dimostrare di conoscere la storia e le tradizioni delle regioni in cui vorranno insegnare? Una polemica a tutto campo si è scatenata su un emendamento che la Lega ha proposto a riguardo del testo di legge sul Reclutamento regionale del personale docente. La polemica è più di quanto la proposta meriti, ma se è vero che la Lega non arriva a chiedere che gli insegnanti siano sottoposti a test di dialetto di fatto la sua richiesta è di tener presente nella valutazione dei docenti la conoscenza della lingua, della cultura e delle tradizioni della regione in cui vanno ad operare.

Quindi un sistema regionale di reclutamento, qual è quello verso cui il Ministro Gelmini intende andare, secondo la Lega deve portare a valutare anche il modo di esprimersi di ogni insegnanti e la sua conoscenza dei valori regionali.

La proposta della Lega che di per sé non meriterebbe alcuna considerazione è però la cartina di tornasole di un grave equivoco che caratterizza i lavori della Commissione Cultura della Camera impegnata a stabilire i nuovi criteri di reclutamento dei docenti. Infatti non nasce dal nulla la richiesta della Lega, ma dal fatto che la Commissione Cultura stia identificando tra i criteri standard del futuro insegnante anche la centralità dell'educazione alla cittadinanza nel rispetto delle radici culturali di ogni studente. Se l'educazione alla cittadinanza è decisiva è chiaro che la questione seria diventi chi sia il cittadino, e allora perché mai si dovrà parlare di cittadinanza italiana e non lombarda o siciliana? La Lega nell'assurdità della sua proposta fa emergere la contraddittorietà che caratterizza il mondo politico in questo suo andare a tentoni a stabilire chi sia l'insegnante del futuro. L'insegnante del futuro, quello che potrà trovare lavoro nella scuola del domani, non è solo quello che sa la sua materia e che la sa insegnare in modo efficace, ma è anche quello che è in grado di formare il buon cittadino. La Lega ragiona come ragionano tutti i membri della Commissione Cultura, l'unica differenza è che per la Lega il cittadino ha un orizzonte regionale, mentre per tutti gli altri l'orizzonte è l'Italia, tanto che a ragione si deve purtroppo dire che è una capacità di omologare alla cultura dominante quella che fa il buon insegnante.

Per questo da un certo punto di vista c'è da ringraziare la Lega, perché estremizzando un fattore ha portato alla luce il grave errore che si sta commettendo, quello di disegnare il futuro insegnante come funzione di omologazione sociale-culturale. Purtroppo pur regionalizzando il sistema di reclutamento la logica è ancora quella dell'insegnante statale, questo è il problema seria, questa incapacità ad uscire da un'idea di insegnante come cinghia di trasmissione del potere dominante. Per questo il no alla proposta della Lega è un netto no ad impostare il reclutamento in base a criteri statalistici, perché l'orizzonte dell'impegno dell'insegnante non è la formazione del buon cittadino, ma l'educazione della persona. E allora nulla di male che un insegnante siciliano arrivato a Milano a svolgere la sua professione si impegni a conoscere le tradizioni e la cultura lombarda, ma per uno solo scopo, quello di essere più incisivo nel liberare le energie critiche e creative di ogni suo studente, non certo per omologarlo ad una nuova idea di cittadinanza.

La matassa invece è sempre più intricata e sarà difficile sbrogliarla se non si uscirà dalla logica statalista, nazionale o regionale poco importa. E per uscire la strada c'è ed è semplicissima, è quella di liberalizzare il sistema, così che ad insegnare non ci vadano i lacchè del potere, ma coloro che hanno a cuore il destino di ogni studente. Questo infatti fa un insegnante, non la sua omologazione alla cultura dominante, ma l'impegno con la sua umanità, quell'impegno che lo ha portato ad appassionarsi ad una disciplina e a volerne comunicare contenuti e metodi come occasione di crescita umana.