Far crescere la cultura del merito di Mariastella Gelmini *, Il Corriere del Veneto 4.7.2009 Caro Direttore, rispondo volentieri alle sollecitazioni che Francesco Giavazzi mi pone nel suo articolo di ieri. Sono particolarmente sensibile, anche per motivi generazionali, alle difficoltà che giovani studiosi di valore incontrano quando vogliono mettere a disposizione del nostro Paese le loro competenze e le loro energie. Se vogliamo trovare una soluzione a questo problema dobbiamo prima di tutto averne ben chiare le cause, che, come Giavazzi giustamente ricorda, non sono di carattere economico, ma organizzativo e «culturale». In pochi anni il corpo docente è cresciuto del 27% ma gli ordinari sono oggi il 41% in più del 2000: se tanti giovani in gamba sono a spasso o all’estero non dipende dal fatto che sono mancati i soldi, ma dal fatto che le priorità del sistema, lasciato a se stesso, sono evidentemente altre. I nostri docenti vanno in pensione molto più tardi dei loro colleghi stranieri; non ne viene mai valutata la produttività scientifica, se non quando partecipano ai famosi «concorsi». I fondi sono distribuiti a pioggia. Non importa se si assumono studiosi scadenti o geniali. Per questo la decisione più importante che abbiamo preso in questi mesi è stata quella di distribuire 550 milioni del fondo di finanziamento delle università su base meritocratica. È la prima volta che accade. Finalmente le università potranno toccare con mano la differenza tra chi assume studiosi seri e chi preferisce sistemare, per pigrizia mentale o peggio, i soliti noti. L’anno prossimo voglio aumentare la quota premiale, perché è solo rendendo chiara e netta la connessione tra qualità e risorse che si può spingere il sistema universitario sulla strada del merito. Se si crede nella qualità si deve poter contare su un’agenzia di valutazione forte, autorevole e indipendente. Il 17 luglio il Consiglio dei Ministri varerà il nuovo regolamento dell’Anvur, un regolamento innovativo che recepisce soprattutto l’esigenza di rendere l’agenzia più autonoma rispetto a quanto previsto nella precedente legislatura. Non sarà più il ministro a scegliere il presidente e neppure a nominare il comitato di selezione per individuare i membri del consiglio direttivo. Questi ultimi saranno nominati con un decreto del Presidente della Repubblica, non dal governo, proprio per garantire terzietà e indipendenza. Mi attendo dall’Anvur un contributo decisivo per far crescere la cultura del merito, la sola che può spingere a una nuova etica del reclutamento. Il disegno di legge quadro sulla riforma dell’università e della ricerca sarà presentato in autunno quando il calendario parlamentare, oggi fortemente intasato, consentirà una rapida approvazione del testo. La riforma dunque entrerà in vigore per l’anno accademico 2010-2011 così come previsto. Un anno che segnerà una svolta epocale. Le direttrici della riforma sono note: organi di governo degli atenei più snelli e responsabili, forme di reclutamento più vicine alla migliore prassi internazionale. Nelle settimane che ci separano dal varo del ddl vorrei ancora approfondire il dibattito pubblico su alcuni e specifici temi. Oggi, ad esempio, si diventa ricercatori in media a 37 anni, dopo un’estenuante attesa che frustra i talenti migliori proprio in una fase di grande produttività scientifica e opera nei fatti una selezione in base alla ricchezza. Vorrei riuscire ad abbassare drasticamente l’età di ingresso nel sistema, sperimentando forme innovative di reclutamento. Intanto già quest’anno ho destinato 8,5 milioni per finanziare sia le chiamate dirette dall’estero, che la nuova legge del gennaio scorso ha reso possibili anche per i ricercatori, sia un programma di contratti «Rita Levi Montalcini» per studiosi italiani o stranieri che vogliono venire a lavorare in Italia. Su questi temi sono aperta al contributo di tutti coloro che hanno a cuore la nostra università e specialmente dell’opposizione, con la quale mi auguro che si possa impostare un dialogo sereno e trovare un’intesa su punti qualificanti. Quanto poi alle presunte lobby che intendono bloccare la riforma voglio rassicurare il professor Giavazzi: nessuno è in grado di far desistere il ministro e questo governo dalla volontà di riformare profondamente il sistema universitario italiano.
* Ministro dell’Istruzione |