La reperibilità in caso di malattia di A.G. La Tecnica della Scuola, 28.6.2009 Il dietrofront del Governo sulla circolare Brunetta, che ha costretto il personale a rimanere a casa 11 ore per tutto il 2008/09, è contenuto nel Decreto salva-crisi presentato dal premier Berlusconi. Si va anche verso l’annullamento della decurtazione dello stipendio per la malattia ordinaria: ma questo ritorno al passato varrà solo per forze armate, polizia e vigili del fuoco. Polemiche in vista. Anche la scuola è coinvolta nelle novità contenute nel Decreto salva-crisi che il Governo ha presentato il 26 luglio attraverso le parole del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: tra le misure in favore delle aziende e dell’occupazione ve ne sono almeno due quelle che riguardano il personale scolastico. E dopo le polemiche dei mesi scorsi la prima verrà accolta sicuramente con grande soddisfazione: le fasce di reperibilità in caso di malattia tornano infatti, salvo improbabili correzioni dell’ultimo momento, ad essere quelle tradizionali (dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 per complessive quattro ore). Viene così cancellata quella parte delle circolare Brunetta, introdotta la scorsa estate, conseguente al Decreto legge n. 112, che per tutto l’anno scolastico 2008/2009 ha costretto i dipendenti pubblici malati a rimanere tra le mura domestiche per undici ore al giorno (dalle 8 alle 13 e dalle 14 alle 20) lasciandoli “liberi” da potenziali controlli dei medici Asl solo nelle ore notturne e tra le 13 e le 14 (da molti ribattezzata come “l’ora d’aria”). Il provvedimento era comunque nell’aria: tanto che qualche mese fa il segretario della Uil Scuola, Massimo Di Menna, rivelò che lo stesso ministro della Funzione pubblica stava studiando una modalità per uniformare la reperibilità per le visite fiscali del comparto pubblico rispetto a quello privato. E di recente i sindacati, in testa la Gilda degli insegnanti, avevano anche avanzato dubbi di legittimità della norma invitando i docenti a fare ricorso contro una norma ritenuta iniqua. Prima di attendere gli esiti dei ricorsi è stato lo stesso Governo a tornare sui propri passi giustificando il contro-provvedimento come necessario per adottare maggiore uniformità. Un concetto che però la stessa maggioranza politica non sembra aver adottato a proposito della decurtazione in busta paga, da applicare sempre in caso di malattia e introdotta con la stessa circolare Brunetta. Il Decreto cosiddetto salva-crisi, ormai pronto ed in via di approvazione da parte del Cdm, prevede infatti che per i dipendenti delle forze armate, della polizia e dei vigili del fuoco (comparti facenti tutti capo allo Stato al pari della scuola) verrà meno anche l’altro caposaldo della circolare Brunetta: il taglio in busta paga, per ogni giornata di malattia “ordinaria” (esclusi quindi i ricoveri, la malattia post-ricovero, i day-hospital, le malattie particolarmente gravi o derivanti da cause di servizio, ecc.) della parte non tabellare dello stipendio (lasciando così al lavoratori solo lo stipendio giornaliero base). Una notizia che se da una parte premia i lavoratori in divisa, dall’altra per insegnanti e Ata ha il sapore della beffa. E’ risaputo infatti che i dipendenti della scuola mediamente possono infatti contare su stipendi inferiori (soprattutto in rapporto al titolo di studio posseduto) a quelli dei colleghi in capo a forze armate, polizia e vigili del fuoco. Risulta quindi a dir poco curioso il fatto che la decurtazione continui ad essere applicata proprio a quei lavoratori a cui a fine mese pesa maggiormente. La manovra anti-crisi del Governo contiene poi un'altra novità solo apparentemente favorevole ai precari della scuola: viene infatti meno il divieto di assumere i dipendenti statali con almeno tre anni di servizio a tempo determinato alle spalle. E qualora l’amministrazione , per motivi economici, non potesse procedere alla loro assunzione sarebbe comunque tenuta a prorogare il contratto a tempo determinato sino alla effettiva stabilizzazione del lavoratore. Peccato che la scuola, dove i precari storici con più di tre anni di supplenze annuali sono diverse decine di migliaia, tutto ciò non abbia alcuna applicazione: il comparto dell’Istruzione, infatti, rimane del tutto avulso dalle regole di assunzione previste per gli altri settori della Pa. A meno che i giudici attraverso sentenze inattese, come nel recente caso di Viterbo dove 63 precari tra prof e Ata sono stati indennizzati per mancata conferma in servizio con diversi stipendi, non accolgano le loro istanze: sovvertendo così delle regole discutibili e ormai sempre più inique nei confronti dei tanti (probabilmente troppi per essere in qualche modo regolarizzati) lavoratori precari del comparto scuola. |