La precaria indagine sui precari Tito Boeri e Pietro Garibaldi, La Voce del 4.6.2009 L'Italia è uno dei pochissimi paesi europei in cui non sono ancora disponibili dati sull'occupazione e la disoccupazione nel 2009. Questi dati vengono raccolti sulla base di rilevazioni continue, il che significa che, ad esempio, anche oggi sono in corso rilevazioni. Poi i dati vengono centralizzati, si svolgono una serie di controlli di coerenza e poi vengono elaborati. Tutto questo richiede circa tre mesi. Ciò non impedisce dunque a un istituto di statistica di pubblicare ad aprile i dati di gennaio, a maggio quelli di febbraio e così via. Da noi, invece, si aspetta la fine di ogni trimestre per rendere pubblici i dati, il che significa che solo a fine giugno sapremo cosa è accaduto nei primi mesi del 2009. Questo è un fatto molto grave perché impone alla politica economica (e al dibattito pubblico) di operare al buio. Soprattutto in una fase di crisi come quella che stiamo vivendo, questo ritardo è molto costoso. Impedisce, ad esempio, di capire cosa sta succedendo ai lavoratori precari. Quanti di loro hanno già perso il posto di lavoro nella recessione. Perché in Italia non si pubblicano dati mensili su occupazione e disoccupazione basati sull’indagine sulle forze lavoro? Il problema è che per svolgere un’indagine che interessa i lavoratori precari l’Istat si è dotato di una rete di … precari. Si tratta infatti di circa 320 rilevatori che operano sul territorio con tecniche CAPI (computer assisted personal interviews). Questi rilevatori hanno una tipologia contrattuale - co.co.co. - che la Funzione Pubblica già nel 2005 dichiarò illegittima, intimando all'Istat di cambiarla. Da allora, di anno in anno e di emendamento in emendamento, la rete sopravvive in regime di deroga e in attesa di una "soluzione definitiva". L'ultimo decreto milleproroghe ha concesso l'ennesima proroga ma solo fino al 30 giugno di quest'anno. Nell’attesa di vedere cosa succederà ai rilevatori, l’Istat ha così deciso di rimandare i piani di pubblicazione di dati mensili sulle forze lavoro, lasciando tutto in sospeso. Ma c’è un rischio ancora peggiore. Nel caso in cui la Funzione Pubblica decidesse di non concedere più la solita proroga, l’Istat potrebbe condurre tutte le interviste senza rilevatori sparsi sul territorio. In altre parole, l’indagine verrà svolta solo per via telefonica. Questo significa ottenere stime distorte e incoerenti con quelle degli anni precedenti, con ripercussioni anche sulla stima del PIL, per la quale l'occupazione stimata a partire dall’indagine forze lavoro rappresenta un asse portante. Per capire gli effetti di questa scelta, basta ricordare come si svolge oggi l’indagine. Questa prevede quattro interviste per ogni famiglia a cadenze prestabilite. La prima intervista viene effettuata da un rilevatore professionista presso l'abitazione della famiglia con tecnica face to face (CAPI). Quelle successive sono svolte telefonicamente da una società specializzata, tranne che nel caso di famiglie senza telefono o con intestatario straniero. In questi casi, sono gli stessi rilevatori della prima intervista a visitare nuovamente la famiglia. Se tutto dovesse svolgersi con il metodo CATI si rischia di avere una bassa qualità della prima intervista e di non raggiungere le famiglie senza numero di telefono. Inoltre, il metodo CAPI è fondamentale quando si ha a che vedere con famiglie di immigrati, che non parlano bene la nostra lingua. |