Il Ministro pensa al bonus alle paritarie di A.G. La Tecnica della Scuola, 19.6.2009 “Un po' come già succede in Lombardia“. Dove la Regione, attraverso il progetto “Dote scuola” assegna un contributo medio di 1.000 euro l’anno. I numeri comunque dicono che le private sono in ripresa. Secco no dei sindacati. Un bonus per chi studia alle private. A proporlo non è un’associazione di scuole non statali, ma direttamente il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini che ne auspica l’adozione all’interno delle riforme della scuola ritenute ancora più impellenti da attuare all’indomani della presentazione dei dati Talis-Ocse: "Siccome le scuole paritarie costano – ha detto il ministro al 'Corriere della Sera' - sto pensando a una riforma che dia la possibilità di accedere a un bonus a chi vuole frequentarle. Un po' come già succede in Lombardia". Dove la Regione, attraverso il progetto “Dote scuola” assegna un contributo, nell’ordine delle 1.000 euro l’anno, sia agli iscritti alle scuole paritarie, sia a quelli che seguono un corso nella scuola pubblica. In quest’ultimo caso si traduce in una sorta di ‘bonus’ da spendere sottoforma di materiale didattico, libri o per l’acquisto di un computer. La concessione della ‘dote’, che in realtà un assegno, è legata alla tipologia di richiesta, che si effettua on line: ne hanno diritto le famiglie che hanno un reddito al di sotto di una certa soglia, gli studenti più meritevoli e coloro che chiedono di andare alle private. Certo, l’assegno di un migliaio di euro non coprirebbe tutte le spese (che in un istituto liceale cattolico di medio-alto livello si attestano attorno ai 5.000 euro annui). Però darebbe sicuramente impulso ad un comparto, quello delle scuole private o paritarie, che negli ultimi anni ha ripreso a crescere. Anche grazie allo Stato italiano, che non le ha mai abbandonate: basta dire che l’ultima “boccata d’ossigeno” è stata di 130 milioni di euro. Nel 2008-2009 gli studenti che hanno frequentato questo tipo di istituti (15.946, circa il 28% del totale) sono stati poco più di un milione, pari a circa il 12% della popolazione scolastica. Secondo gli ultimi dati forniti dal Miur, in Italia gli istituti non statali sono 15.946, circa il 28% del totale: si suddividono però, a loro volta, in pubbliche e private, in base al tipo di gestione. Le scuole non statali pubbliche (3.414) sono quelle gestite dall'ente locale (Comune, Provincia o Regione), le scuole non statali private (12.532, il 21,7% del totale con circa 920.000 alunni) sono invece gestite da enti o soggetti privati, laici o religiosi. L’auspicio della Gelmini ha scatenato non poche contrapposizioni. Ad iniziare da quelle sindacali. Soprattutto perché alle scontate critiche della Flc-Cgil, ("Da mesi sosteniamo che l’obiettivo vero del ministro Gelmini è distruggere la scuola pubblica per far posto alle private: finalmente si ammette che avevamo ragione. Il vero obiettivo della riforma Gelmini è rendere le scuole private più ricche per i ricchi e la scuola pubblica più povera per i poveri") si sono aggiunte quelle di sigle non sempre uscite allo scoperto su un terreno, quello delle scuole gestite in prevalenza da istituzioni cattoliche, a dir poco minato. Francesco Scrima, segretario della Cisl Scuola, non ha usato comunque troppi giri di parole per dire no all’idea del ministro: "La scuola sta vivendo oggi una situazione pesante e critica per i 'tagli' imposti dalla manovra finanziaria: parlare in questo momento di finanziamenti alle scuole non statali – ha tagliato corto Scrima - è quindi il momento meno indicato per affrontare un tema che inevitabilmente assume i toni strumentali della polemica ideologica e politica".
La Gilda
degli insegnanti ha invece puntato l’indice sia su un
principio generale (l'articolo 33 della Costituzione afferma che
“enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di
educazione senza oneri per lo Stato”), sia su un aspetto negativo
delle private già sollevato qualche settimana fa:
“aspettiamo inutilmente da quasi tre mesi
– ha detto il coordinatore Rino
Di Meglio - una
risposta da parte del ministro rispetto
allo scandalo, evidenziato soprattutto nel Sud del Paese, delle
scuole private che sfruttano i docenti precari facendoli lavorare
senza stipendio e contributi in cambio del punteggio da utilizzare
nelle graduatorie statali.
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