LA TRAGEDIA DI VENARIA
Incubo suicidi a scuola Gianni Giacomino e Grazia Longo, La Stampa 6.6.2009 È difficile stabilire quanto sia grande il mare della sofferenza degli adolescenti, quel «disagio» acutissimo in cui deve essersi dibattuto Davide prima di mettere in atto il suo ultimo gesto. I dati sui suicidi del rapporto 2007 sui minori del Centro Nazionale di Documentazione sull’infanzia e l’adolescenza sembrerebbero «poca cosa». Ma basta uno scambio di parole con chi di adolescenti in crisi si occupa ogni giorno, per capire che le cifre rilevate dalle forze dell’ordine non bastano, non dicono tutto, anzi. Per di più sono vecchie: un solo suicidio in tutto il Piemonte nel 2003, l’ultimo anno rilevato. Una situazione improbabile se, con un salto temporale, arriviamo ai due casi torinesi (il terzo mancato solo per fortuna) del 2008, agli altri del 2007 e 2006. Il professor Roberto Rigardetto, primario di Neuropsichiatria infantile all’Ospedale Regina Margherita, ricorda l’ultimo anno: «Abbiamo avuto una media di almeno un ricovero al mese nel nostro reparto. L’andamento non è costante nel tempo e questo può dipendere da motivi diversi. Può voler dire che i ragazzi vengono ricoverati in altri ospedali o in strutture private. In caso di fratture il ricovero può avvenire al Cto, in un reparto di chirurgia se ci sono lesioni interne. Pesa anche il fatto che molti casi non vengono dichiarati, che le famiglie parlano di cadute, di ingestioni accidentali e così via». Dal suo osservatorio il professor Rigardetto è certo comunque che negli ultimi 15-20 anni il numero dei tentativi di togliersi la vita tra i ragazzi di 12-15 anni sia aumentato, mentre i suicidi resterebbero rari. «Non è facile, comunque, capire fino in fondo se le nostre impressioni siano legate ad una maggiore attenzione e conoscenza del fenomeno. In Italia gli studi sono rari e spesso troppo locali per essere significativi. Ci sono le ricerche americane e queste dicono che dal ‘60 al 2000 negli Stati Uniti il numero dei tentativi di suicidio negli adolescenti è triplicato». Che il fenomeno, preoccupi profondamente famiglie e insegnanti (dal novembre scorso i suicidi attuati o tentati rilevati da La Stampa sono stati quattro) lo dimostra per esempio la recente iniziativa della Scuola Ebraica di San Salvario su questo tema, che ha invitato a discuterne con i genitori del quartiere la dottoressa Maria Galli della Mantica, da 35 anni neuropsichiatra infantile del Regina Margherita. Che conferma: «Gli accessi alle nostre strutture sono più numerosi che in passato e i casi sempre più gravi, con genitori più in difficoltà di un tempo». Il professor Rigardetto aggiunge: «Il disagio ha tanti modi di manifestarsi, ma c’è sempre qualcosa che non funziona nella relazione: con le figure adulte, con i coetanei, nello sport. Il messaggio importante è che non capita nulla all’improvviso e che non bisogna trascurare i segni di disagio: nel tempo a qualcosa portano». Risposte puntuali rispetto al fenomeno, sia tra gli adolescenti sia tra gli adulti, verranno dal progetto di ricerca che il dottor Carmine Munizza, primario emerito di Psichiatria del Giovanni Bosco, condurrà in Piemonte da settembre con il Centro Studi e Ricerche in Psichiatria (Asl 2) di cui è direttore. «Una fascia ad alto rischio - spiega lo psichiatra - è quella di chi ha già tentato il suicidio, per la quale occorre realizzare una presa in carico seria». Il progetto, che toccherà via via tutto il territorio regionale, esaminerà inizialmente le aree più a rischio, che in provincia di Torino sono Ivrea e di Pinerolo. «Esamineremo - spiega il dottor Munizza - le cartelle dei pronti soccorso, dove i tentativi sono comunque registrati: faremo un monitoraggio attento in modo da poter orientare verso i servizi adeguati, favorendo la messa in atto di strategie. Teniamo presente che il 30 per cento di chi si suicida aveva già fatto un tentativo nell’ultimo anno». |