Responsabilità duale di Marina Boscaino, Pavone Risorse 21.6.2009 Scripta manent, dicevano i latini. Ma Gelmini sembra ignorarlo. Dopo aver annunciato che pensa “ad un bonus per le scuole private”, incalza: «Costituzione alla mano, - ha detto in un’intervista sul Corriere della Sera - voglio che tutti abbiano il diritto di scegliere se andare alla scuola pubblica o alla scuola paritaria». Per cui, «siccome le scuole paritarie costano, sto pensando a una riforma che dia la possibilità di accedere a un bonus a chi vuole frequentarle». Dal canto suo, la da tutti citata e da pochi rispettata suddetta Carta Costituzionale all’ art. 33 recita testualmente: “La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”. Non si tratta di pedanteria, c’è scritto proprio così: senza oneri per lo Stato. Forse di tratta di veri e propri deliri di onnipotenza di questa maggioranza di governo, per cui il limite tra legge e evasione di essa è fluttuante e incerto, come quello tra annunci di intenzioni e finalità e realizzazioni concrete; forse la notevole prevalenza numerica in Parlamento e i ripetuti successi elettorali suggeriscono l’irresponsabile protervia di scorribande da veni, vidi, vici che rivoluzionano repentinamente – nel plauso acritico dei fautori dell’interventismo idiota e muscolare - settori (si pensi alle cosiddette “riforme” dei vari ordini di scuola) che andrebbero rispettati attraverso un ascolto prolungato e un confronto serrato con gli addetti ai lavori. E che invece vengono manipolati e rivoluzionati pedestremente in un nonnulla. O forse è semplicemente una ignoranza abissale non tanto delle norme in sé, quanto delle conseguenze – non solo in termini di equità sociale e di cittadinanza, argomenti che non sembrano poter orientare il centrodestra - a consentire di pensare di proporre impunemente uno stravolgimento così clamoroso del dettato costituzionale. Qualunque sia il motivo, il comportamento risulta premiante. La scena è tutta loro. La scuola tace. La politica, nei fatti, anche. E quando non tace, cosa assai rara, perché l’argomento “istruzione” è ormai di assoluto e solitario appannaggio della destra (il che la dice lunga sul progetto culturale e di ampio respiro della sinistra e alimenta la fiducia o la speranza in un futuro migliore), scatena il rimpianto di non averlo fatto. Infatti, se ormai non stupisce più lo sport più in voga tra gli esponenti della maggioranza (quello di citare la Costituzione a parole e di sconfessarla puntualmente nella pratica), stupisce la replica che la senatrice Mariangela Bastico, responsabile scuola del PD, ha espresso nel merito dell’esternazione di Gelmini. Stupisce soprattutto perché Bastico, invece di fare riferimento all’art. 33, sostiene che questo bonus promesso dal ministro determinerebbe «quel dualismo nell'istruzione (scuole di serie A e scuole di serie B) che in Italia non si è mai attuato in applicazione alla Costituzione, per la qualità della scuola pubblica, per la forza del suo pluralismo, per la passione e competenza di tanti docenti». Suggerendo, dunque, che la scuola privata sarebbe senz’altro migliore di quella dello Stato.
Sono sufficientemente note le tristi
circostanze che spinsero la coalizione di governo di allora –
l’Ulivo – a licenziare la legge 62/2000, la legge sulla parità
scolastica. Si trattò di un tentativo, ben riuscito nel merito,
catastrofico per le forze di sinistra, di lusingare aspettative e
speranze dei “centristi”, dei moderati, favorevoli alla promozione
degli istituti, ovviamente soprattutto cattolici. Fu l’inizio della
fine; e l’inizio di una desolante teoria di cifre che, in maniera
bipartisan, bisogna ammetterlo, vennero erogate a favore delle
private da tutti i governi. Fu, tra l’altro, il trionfo dei
cosiddetti “diplomifici”, che hanno viaggiato in direzione contraria
a qualsiasi disegno pedagogico e culturale anche foraggiati da quei
fondi.
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