Licei. Basta la parola

di Antonio Valentino, ScuolaOggi 16.6.2009

Due cose sono a dir poco esaltanti nella cronaca sulla scuola dell’ultimo fine settimana. La prima: la riforma dei Licei sulle prime pagine di tutti i quotidiani e un gran sbandieramento in TV sempre della stessa. La seconda: il giudizio che di essa ne dà la Signora Ministra.

1. Che la stampa e la televisione parlino di scuola è certamente un segnale di civiltà. Che se ne parli quasi esclusivamente quando al centro dell’attenzione ci sono i licei, che pure sono frequentati da molto meno studenti dei Istituti tecnici e professionali, è cosa che qualche interrogativo lo pone: sulla cultura dominante di questo paese, sulla sua modernità, sulla sua idea di futuro.
Alla fine di maggio sono stati approvati in prima lettura, dal Consiglio dei Ministri, i Regolamenti degli Istituti Tecnici e Professionali. Frutto di un lungo lavoro di riflessione e approfondimenti, con approdi per alcuni versi interessanti, della commissione insediata ai tempi di Fioroni. Praticamente, una rivoluzione per i Professionali (che cambiano fisionomia) e innovazioni significative soprattutto nel primo biennio (Il grosso timore - vale ribadirlo – è che delle innovazioni proposte non se ne faccia probabilmente niente, dal momento che l’unica cosa certa ed evidente sembra essere la diminuzione delle ore di insegnamento e i tagli conseguenti sugli organici, a cui non corrisponde nessun investimento sulle condizioni di successo dell’operazione).
Ebbene, all’indomani dell’approvazione dei due Regolamenti di Tecnici e Professionali, nessun giornale si è sognato di mettere la notizia in prima pagina, né, all’interno, di darle il dovuto risalto. Commenti, men che meno. Interviste a grandi personalità della cultura? Per carità! Queste si scomodano solo quando bisogna affrontare tematiche pregnanti come l’insostituibilità del latino e dei Promessi Sposi nella nostra cultura scolastica e, ovviamente, quando si parla dei Licei.

A proposito della ristrutturazione dei quali – anche sul sito del Ministero, a marcare la differenza - si parla di riforma; mentre, opportunamente, a proposito dei Tecnici e dei Professionali, si parla di “Riordino”. Come dire. Capita addirittura di leggere (su “la Repubblica”), a firma di un intellettuale, che pure è certamente tra i nostri più fini e preparati uomini di cultura, Aldo Schiavone, un commento che auspica sulla ‘riforma licei’ interventi competenti e concreti da parte della stessa opposizione. E questo al fine di “favorire l’avvio di un grande dibattito nazionale sul futuro dell’intelligenza italiana. Perché è di questo che stiamo parlando”. Considerate l’accostamento: riforma dei Licei – futuro dell’intelligenza italiana”. Che è difficile non interpretare come espressione del pregiudizio tutto italico che relega la cultura tecnica e tecnologica nel mondo di un dio minore e vede la formazione del cittadino come sganciata dallo sviluppo produttivo del paese e da una cultura scientifico-tecnologica diffusa e mirata.
 

2. Quanto poi al carattere “epocale” di cui parla il Ministro, sarebbe in primo luogo auspicabile da parte della stessa un uso più consapevole dei termini che usa.
Non entro nel merito delle singole scelte e dei vari indirizzi prospettati, anche se va riconosciuto che il nuovo testo appare più “pulito” e leggibile. Mi limito a considerare solo alcune scelte di fondo che, a ben vedere, fanno pensare ad un paese che sembra aver dimenticato del tutto la funzione unificante della scuola e la centralità di comuni competenze di cittadinanza in una formazione moderna. Funzione e centralità che pure, nel dibattito degli ultimi anni, avevano occupato spazi non trascurabili, anche grazie alle “Raccomandazioni” dell’Unione Europea.
Niente di queste innovazioni nell’impianto proposto. In nessun paese europeo, credo, il sistema scolastico presenta, per il periodo dell’obbligo, livelli di diversificazione, frammentazione, disomogeneità – con riferimento sia al quadro orario che assi culturali – come nella complessiva “Riforma Gelmini”. Se si confronta con il Disegno della Moratti del 2006, ci tocca addirittura di dover rimpiangere l’attuale sindaco di Milano. Segno evidente di un paese che ha smarrito, per i propri giovani, un’idea di futuro più eguale, in cui il discorso pubblico su integrazione e mobilità sociale abbia ancora chance e prospettiva.

Che dire poi di alcune “assenze” significative e di certe incertezze e ambiguità?

a. Mancano, ovviamente non negli indirizzi od opzioni “dedicati”, spazi obbligatori per le scienze sociali e per la cultura informatica, centrali in una formazione moderna. Tale mancanza è comprensibile solo in una logica di tagli dell’offerta formativa; e quindi del risparmio a tutti i costi. 27 ore nel biennio! Contri le 32 dei Tecnici e dei Professionali. Tra il 15 e il 20% in meno di offerta formativa. Tanto ci pensa la Famiglia, con la maiuscola.
E non si tiri in ballo la Finlandia. Come pure fa la nostra sprovvista ministra. Lì, le attività di laboratorio e le iniziative di integrazione culturale a carattere facoltativo si contano a parte e il numero delle ore che vi si dedicano è rilevante e flessibile. Lì c’è un’altra idea di scuola, con meno ore “di scuola” in senso stretto e più tempo “a scuola”. E sulla scuola non si taglia. E se si taglia, si reinveste.

b. La cultura scientifica, nonostante le enunciazioni ministeriali, si presenta ancora ancillare e frammentata nello stesso liceo scientifico.

c. E ancora: le opzioni “Liceo Scientifico Tecnologico” (LST) del Liceo Scientifico ed “Economico Sociale” (ES) delle Scienze Umane sembrano essere prima di tutto la risposta del Ministero alle numerose richieste di conservare il “Liceo Tecnologico” degli ITIS e la sperimentazione ministeriale “Mercurio”, piuttosto che ”Erica”, degli ITC. In realtà, questi due nuovi indirizzi sembrano proporsi come la versione liceale dei settori economico e tecnologico dell’area tecnica (così come si configura nel nuovo Regolamento). Con queste due nuove proposte – sembra di capire - si tende di fatto a intercettare la domanda di quell’utenza media / medio alta che finora si era rivolta ai Tecnici, grazie agli indirizzi sperimentali sopra citati. Indirizzi che finora, all’interno dell’Istruzione Tecnica (IT), hanno raccolto la fascia di ragazzi generalmente più attrezzati, quanto a requisiti di studio (questo è certamente vero per il Liceo Scientifico Tecnologico), e quindi in grado di incidere in positivo sul clima generale degli Istituti (traendo, a loro volta, vantaggio da questa integrazione, oltre che dalla possibilità di fruire di una strumentazione tecnica e tecnologica molto più avanzata).
Una esclusiva collocazione del LST e dell’ES negli Istituti liceali rappresenterebbe una perdita per gli IT, ma anche un’offerta formativa meno “attrezzata” per gli studenti che scelgono tali indirizzi. Probabilmente ha una qualche ragione chi pensa che l’identità dell’ IT ne risulterebbe, in qualche modo “intaccata”, ma la contaminazione di utenze diverse e la loro comune convergenza su una formazione complessiva di tipo tecnico-tecnologico, per quanto di carattere generale, potrebbe rivelarsi una scelta vincente per studenti e gli Istituti Tecnici.
 

d. Comunque un problema serio è la natura del Liceo Scientifico anche nella nuova veste, che evidenzia l’incapacità di questo ministero di farne uno vero. Un modello di partenza potrebbe ben essere l’opzione Liceo Scientifico Tecnologico prospettata, per quanto un orario settimanale di 27 ore nel primo biennio appare decisamente risibile. E chi vuol fare latino vada al Classico o lo studi a parte.