Martella martella,
alla fine tutto si conficca

Gabriele Boselli, ScuolaOggi 23.6.2009

Le cronache di fine giugno 2009 (siamo immersi nella cronaca stampata e TV, il senso della storia sembrerebbe perduto), dopo aver plaudito per giorni all’aumento delle bocciature nella scuola “media”, hanno ripreso a mitragliare la scuola e chi vi lavora. Sono state usate munizioni rimaste da antiche battaglie ma sempre buone verso quelle istituzioni che non hanno nè apparati di propaganda né potere di deterrenza: gli insegnanti e i dirigenti sarebbero troppi e costosi, oltre che incapaci, visti i risultati delle indagini commissionate dall’OCSE e da altre organizzazioni economiche. L’ennesima campagna mediatica di denigrazione della scuola statale e dei risultati che questa produrrebbe intende probabilmente far passare l’idea che questa scuola non valga nemmeno i (relativamente pochi) soldi che vi si spendono.

Convinti dall’approccio nostalgico che una volta le cose andassero molto meglio, investiti dalle sentenze di organismi interessati come l’OCSE o ancor appesantiti da vecchi arnesi di ricerca come quelli ancor usati dall’INVALSI, sbertucciati dalla TV, pure molti docenti scarsi in docimologia sono indotti a pensare che la categoria non possa che produrre un insufficiente profitto scolastico.

Quanto agli utilizzatori finali del prodotto mediatico –si sa- vedono non quel che c’è (noumeno) ma quel che sono stati portati a immaginare. Come è stato rilevato anche in questa stessa rivista, non sanno ad esempio che alla scuola italiana vengono addebitati i costi dell’handicap, in altre nazioni imputato alla sanità: i docenti di sostegno sono quasi 100.000 su 700.000 totali, il che significa che un 15% in più di costi viene attribuito a noi mentre negli paesi è ascritto ad altri enti.

Quanto ai risultati reali, l’esperienza mia e di altri colleghi e le varie visite compiute in Europa mostrano uno scenario completamente diverso: ci sono degli incapaci sia tra gli insegnanti e i dirigenti che fra gli studenti ma –anche nelle bistrattate regioni del Sud- la grande maggioranza dei docenti e dei dirigenti svolge bene il suo dovere e gran parte dei studenti pure. Gli studenti nostri e i loro maestri non sfigurerebbero in alcuna scuola europea.

Per una valutazione “di sistema” scientificamente fondata

In un processo valutativo consono alle epistemologie del postmoderno e all’etica della ricerca scientifica i risultati non dovrebbero essere confezionati secondo i desideri del committente ma cercati attraverso un discorso aperto fra i soggetti. L'essenziale -ovvero il contatto generativo tra un ragazzo e la cultura, la luce inestinguibile- andrebbe esplorato nel rispetto del diritto del soggetto di essere autore del suo incontro personale, unico con il sapere. I risultati che valgono non sono quelli che si possono contare subito; sono quelli riscontrabili a lungo termine. Ma a chi è schiacciato sulla cronaca, che importa della storia ventura?

Chi ha lavorato alle valutazioni citate in questi giorni sembra interessato non a una valutazione del conoscere della persona ma di una machina competente, ente anonimo, senza volto, buono come materiale di ricerca per sfornare risultati conformi alle attese. E’ dunque interessato a risultati a breve termine e misurabili, alle competenze, ovvero agli effetti secondari dei processi di quel che davvero vale, cioè l’acquisizione di una pura e indifferenziata capacità di conoscere. Forse anche per questo le prove scritte di riferimento sono tutte strutturate con fissazione delle variabili di sfondo per garantire gli esiti finali; non si sa mai…

E’ ben vero che a certi livelli la valutazione non è un atto di conoscenza ma di potere; vero è pure che i sistemi valutativi generali non sono nati per conoscere il campo dei fenomeni dell’istruzione ma per controllarlo. Tuttavia un maggior scrupolo epistemologico avrebbe dissimulato un po’ meglio l’argomentazione retorica sub specie docimologica finalizzata alla costruzione di una certa immagine della scuola.

Queste ricerche vengono comunque prese per buone, almeno da alcuni destinatari (penso che gli autori siano troppo svegli per crederci loro stessi), per effetto di un qualche residuo metafisico, pre-fenomenologico, persistente nella cultura occidentale. Dell’idea che esistano verità ipostatiche, direttamente accessibili, indipendenti dalle persone; che sia possibile valutare i prodotti indipendentemente dai volti degli esistenti. Quel che viene proposto come fosse il riferimento assoluto, “oggettivo”, la verità incontrovertibile, è semplicemente l’espressione del modo di presentare il mondo e delle correnti di appartenenza dei gruppi che preparano i tests.

La scuola andrebbe invece rispettata nel proprio costituire traccia per itinerari soggettivi aperti all'intersoggettività. Non deve aver bisogno di provare con risultati di un certo tipo il diritto all’esistenza. Le discipline stesse non sono un museo, ma delle realtà viventi nei soggetti che le esperiscono. L’anatomia del vivente uccide. L’oggettività degli universi disciplinari – l’inestinguibile mito positivistico dell’in-sé e del per-sé - non è accessibile; il valore dell’istruzione è per contro inverabile come operazione di umana coscienza.

Analogamente dicasi per la valutazione di altre istituzioni dello Stato, anch’esse da tempo oggetto di attacchi pesantissimi. Ma lo Stato è perenne; nonostante tutto vivranno, vivremo.


G.Gentile Sommario di pedagogia come scienza filosofica (1913) ora in Le Lettere Firenze 2004
F. Bertoldi Critica della certezza pedagogica, Roma, Armando, 1988
P. Bertolini (a cura di) La valutazione possibile, La Nuova Italia, Firenze, 1999
G. Bertagna Valutare ciascuno, valutare tutti. Una prospettiva pedagogica, Brescia, La Scuola, 2004
G. Boselli Non pensiero e oltre. Scenari e volti per un’educazione al pensare venturo, Erickson Gardolo di Trento, 2007
Sulla valutazione dell’attività delle scuole è in corso di redazione un focus (contenente lavori di studiosi di varie parti del mondo) sulla rivista Encyclopaideia, CLUEB, Bologna