Scuola

Valutazione docenti,
maggior parte vorrebbe applicarla

Inchiesta La Tecnica della Scuola: anzianità non più basta più
Caduto tabù: un bravo studioso può non essere bravo professore

ApCOM, 22.1.2009

Roma, 22 gen. (Apcom) - Una buona fetta dei docenti italiani reputa che per far funzionare meglio le scuole sia giunto il momento di cominciare a valutare il grado di qualità del loro insegnamento: è il dato che emerge da un'inchiesta realizzata dal giornale specializzato 'La Tecnica della Scuola', in edicola il 25 gennaio, attraverso la quale sono stati intervistati 80 capi di istituto, o loro referenti, di 80 scuole distribuite sull'intero territorio nazionale frequentate da circa 63mila alunni con oltre 7 mila docenti in servizio. Alla precisa domanda 'La maggioranza del collegio sarebbe favorevole ad introdurre un sistema di valutazione del corpo docente?', i dirigenti hanno risposto in prevalenza positivamente (54%) al Centro ed al Sud. Al Nord, invece, prevalgono i 'no' (50%): solo il 39% dei presidi si espressi favorevolmente (l'11% ha preferito non dare risposte.

Complessivamente, comunque, a livello nazionale prevalgono le risposte a favore della valutazione dei prof: il 49% dei responsabili delle scuole contattate ha detto che i propri docenti sarebbero d'accordo per l'introduzione di forme di verificare del loro operato. Di contro, il 45% sarebbe orientato a lasciare le cose immutate. L'inchiesta è andata anche a verificare su quali ambiti sarebbe prioritario adottare dei sistemi di valutazione: la maggior parte (89%) dei docenti, che potevano dare più risposte, si soffermerebbe sulla competenza professionale; molti (85%) andrebbero invece a verificare quelle disciplinari; il 76% l'aggiornamento ed il 71% la presenza in servizio.

L'inversione di tendenza rispetto alla linea di condotta che ha caratterizzato la scuola per oltre cinquant'anni è confermata dal fatto che l'anzianità di servizio risulterebbe fondamentale solo per il 31% e la continuità didattica dentro lo stesso istituti per il 45%. Il risultato dell'indagine darebbe così ragione al ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini che ha annunciato di voler introdurre dei meccanismi stipendiali di premialità dei docenti sulla base delle loro effettive capacità di trasmissione del sapere: un sistema che, sempre in base a quanto annunciato dal responsabile dell'istruzione italiana, arriverebbe a far guadagnare ogni docente fino a 7mila euro in più l'anno.

Sull'argomento si sta non a caso svolgendo un approfondito studio in sede di commissione Cultura alla Camera, dove da alcuni mesi si sta dibattendo sul ddl sulla riforma dello stato giuridico dei docenti presentato dal presidente Valentina Aprea (Pdl).


Il risultato dell'inchiesta rappresenta un'inversione di tendenza rispetto a quanto sinora si pensasse: "finalmente è caduto un tabù - commenta Calogero Virzì, ideatore e realizzatore dell'inchiesta -: ci dice infatti che un bravo studioso, un grande ricercatore, un luminare della scienza può non essere un bravo professore quindi non si può non valutare i valutatori". "Il nostro non è un campione statistico - continua il redattore - tuttavia è rappresentativo sul piano nazionale, su quello della distribuzione territoriale e su quello degli indirizzi scolastici: la valutazione dei docenti non è più un tema su cui è vietato discutere e intervenire nel mondo della scuola".

L'inchiesta ha fatto emergere anche una seconda novità: l'orientamento degli istituti è cambiato anche sul ruolo degli studenti e delle loro famiglie nella valutazione della professionalità docente. Il 70% dei capi d'istituto ritiene, infatti, che i risultati degli alunni debbano contribuire nella valutazione dei docenti; il 55% ritiene utile chiedere direttamente un giudizio agli alunni e il 56% lo chiederebbe anche ai genitori. Ma chi dovrebbe essere delegato a valutare l'operato e le capacità dei docenti? "Praticamente tutti gli intervistati - risponde sempre Virzì - si sono espressi favorevolmente ad un sistema che affidi la valutazione degli insegnanti ad un organismo collegiale che comprenda anche il dirigente".

L'inchiesta si è articolata in quattro gruppi di domande: presenza a scuola di un dibattito specifico sulla valutazione dei docenti; orientamento maggioritario sulla valutazione dei docenti; scelta di un possibile valutatore (dirigente, organismo collegiale, valutatore esterno); argomenti ritenuti necessari sui quali elaborare specifici indicatori di valutazione. Gli istituti sono stati scelti in modo casuale, tenendo conto dei diversi indirizzie ordini di scuola (licei, tecnici, professionali e istituti comprensivi o scuole medie) e quasi tutti operanti nelle venti città capoluogo di regione o provincia autonoma, compresi Valle D'Aosta e Trentino che gestiscono in maniera autonoma la scuola e il suo personale.