La scuola e il professor Israel

Prof. Pasquale Moliterni*, Il Messaggero 28.2.2009

Gentile Direttore, le scrivo in merito all'articolo di fondo del prof. Giorgio Israel del 20 febbraio scorso. Siamo tutti convinti che un sistema scolastico stressato da innumerevoli interventi abbia bisogno di ritrovare un po' di pace, ma ciò richiede un approccio scientifico più che ideologico. Il collega Israel fa una serie di considerazioni in merito al cattivo stato del nostro sistema scolastico, producendo delle poco fondate generalizzazioni.

E' necessario ricordare, infatti, che anche nelle ultime indagini internazionali PIRLS e TIMSS, relative alle competenze linguistiche e matematico-scientifiche degli alunni di 9 anni, la scuola elementare italiana si colloca tra il 2^ e il 10^ posto, così come accade da molti anni! I tristi risultati PISA che ci vedono intorno al 35^ posto riguardano gli alunni di 15 anni, che frequentano il primo anno delle nostre scuole superiori.

Il problema quindi non sta nel funzionamento della scuola elementare-primaria ma nella inadeguatezza della scuola secondaria. Concordo sul fatto che il problema dipenda oltre che dalla organizzazione anche dalla formazione degli insegnanti. A tal proposito va ricordato che gli attuali insegnanti della scuola secondaria sono stati per la maggior parte formati prima del 1999, anno di avvio delle SSIS (scuole di specializzazione per l'insegnamento nelle scuole secondarie), e la loro formazione è quasi tutta centrata sui contenuti delle discipline, senza lo sviluppo di quelle competenze didattico-pedagogiche utili a favorire gli apprendimenti di tutti i ragazzi.

Il modello didattico che ne deriva è di tipo trasmissivo: spesso per tali insegnanti ciò che conta è trasmettere contenuti, senza preoccuparsi se vengano acquisiti o meno. Ecco la ragione delle cadute dei nostri quindicenni! Ed è ciò a cui avrebbe voluto ovviare il nuovo modello di formazione che è stato avviato nel 1999!

Ma nelle scuole secondarie i docenti formati con attenzione alle competenze didattico-pedagogiche (senza comunque escludere quelle disciplinari) sono talmente pochi da non essere riusciti ad apportare in forma estensiva quel loro contributo di innovazione didattica che inciderebbe sul miglioramento dei nostri risultati internazionali!

Va considerato infatti che la qualità della formazione degli alunni delle elementari è proprio connessa alla sensibilità didattico-pedagogica dei relativi docenti, che lavorano efficacemente alla trasformazione didattica delle conoscenze disciplinari, rendendole significative!

Spero che attraverso il suo giornale sia possibile avviare quel dibattito pubblico che è tanto necessario per poter affrontare i problemi in un ambito di verità e di chiarezza ed onestà scientifica. Grato se vorrà pubblicare questa nota, rimango a disposizione per approfondimenti e la saluto cordialmente.


* Docente di Didattica e Pedagogia speciale Università degli studi di Roma