In 250 alla protesta delle Longhena. E D'Alema le assolve

Niente processi sommari
maestri esautorati dall'alto

di Milli Virgilio*, la Repubblica di Bologna 15.2.2009

I tagli a personale e risorse della scuola sono una certezza. Come, quando e in che modo non è dato saperlo con sufficiente chiarezza e precisione. Ma gli effetti cominciano già. Il governo Berlusconi-Tremonti-Gelmini legifera a colpi di decreto, invadendo competenze regionali, emanando la circolare prima della legge e i regolamenti applicativi senza gli atti da applicare. Con tali confusi e incerti strumenti normativi (già impugnati con ricorsi dalle Associazioni di genitori e insegnanti e da qualche Regione) stanno riportando la scuola pubblica indietro di decenni. Il voto in decimi era stato abolito dal 1977!
Nelle nostre scuole in questi giorni i consigli di classe stanno facendo gli scrutini e le segreterie stanno raccogliendo le iscrizioni. La materia è ora regolata da una legge del 31 ottobre 2008 e da una circolare del 15 gennaio 2009, cui sono allegati modelli di domanda definiti "indicativi".

modelli a cui le istituzioni locali ne stanno aggiungendo altri "integrativi", e la assemblea delle scuole di Bologna altri "alternativi". Mai tante riunioni di tutti con tutti come in questo momento, su questi concretissimi e incalzanti problemi: incontri con genitori, docenti, assessori, dirigenti, autorità scolastiche, parlamentari, associazioni, sindacati? Oltre a indebolire la scuola pubblica e a indurre i genitori che possono a preferire le certezze onerose della scuola privata, la difficoltà e lo sconforto vengono scaricati sui Comuni (oggetto a loro volta di iniziative centrali debilitanti), invocati a svolgere una azione di supplenza alle carenze statali proprio in quei territori ove la tradizione educativa e scolastica è di più elevata qualità. Viene già esplicitata da molti la richiesta, per esempio, che siano le finanze comunali a coprire le spese per il tempo mensa, i trasporti e il sostegno alle situazioni di handicap.

I beni comuni della scuola, cioè la autonomia scolastica e la libertà di insegnamento, vengono di fatto esautorati da decisioni imposte dall'alto sul terreno di loro specifica competenza: il Piano dell'Offerta Formativa, tempi, orari, modelli educativi. Perché scandalizzarsi se è su quei due delicati piani che i docenti manifestano il loro disagio e rifiuto? Nella storia della scuola e dei suoi conflitti le delibere del collegio dei docenti e le valutazioni scolastiche agli scrutini sono sempre state i luoghi di espressione privilegiata dei docenti. Ricordiamoci la protesta (poi vittoriosa) a colpi di delibere collegiali contro l'obbligo di adozione del libro di testo unico. Ci tranquillizzi il fatto che nella fisiologia delle regole di vita scolastica stanno anche momenti e strumenti di verifica della responsabilità docente con cui sono state assunte le scelte didattiche e educative, singole o collegiali o collettive. Dunque niente processi sommari! Mi auguro che quelle insegnanti che hanno scelto come mezzo di protesta mediatica il loro potere di valutazione dell'alunno (piuttosto che impugnando in tribunale l'ordine di servizio adottato dalla dirigente di dare i voti secondo Gelmini) siano le prime a premurarsi di dar conto del fatto che abbiano gestito costruttivamente la relazione con gli alunni. Potremo così discutere insieme, nel merito, della scuola Gelmini.


(* assessore comunale all'Istruzione)