Fondazione Agnelli: basta graduatorie, di A.G. La Tecnica della Scuola 12.2.2009 Queste le proposte: liste d’attesa da sostituire con un albo; scuole che emettono un bando incentrato sui curriculum dei prof; retribuzioni differenziate su base regionale, di materie e dei ruoli rivestiti. Sì anche alla valutazione delle scuole. Gelmini: è tempo di riforme e questo Parlamento può farle. Elkann: troppo indietro rispetto all’Ue. Sono risultati che non possono lasciare indifferenti, almeno gli addetti ai lavori, quelli presentanti a Roma dalla Fondazione Giovanni Agnelli l’11 febbraio durante lapresentazione del suo primo rapporto sulla scuola: dopo avere messo al microscopio 8.000 graduatorie provinciali italiane, i suoi ricercatori hanno scoperto che 1.500 sono esaurite o in via di esaurimento. Che ci vorranno qualcosa come 19 anni per esaurire le attuali liste di attesa dove sono inseriti migliaia di docenti di Lingue straniere; mentre per le aree scientifiche e tecnologiche in molte zone le graduatorie risultano esaurite. Il motivo? Lo stesso, probabilmente, per cui l’81% dei docenti italiani è di sesso femminile: lo stipendio tra i più bassi d'Europa ed anche dopo tanti anni di servizio l’incremento rimane minimo. E questo tipo di situazione non può di certo essere considerata come la via che permette di far prendere l’ascensore sociale che tutti i Paesi moderni mettono a disposizione di docenti e discenti. Ecco allora le proposte (non molto distanti dai punti contenuti nel DdL Aprea): le graduatorie vanno abolite, sostituendole con un albo. Saranno le scuole, poi, a emettere un bando sulla base dei curriculum inviati dai prof. La mobilità resterebbe, ma con un maggiore incrocio di domanda e offerta. Le retribuzioni, invece, “bisognerebbe differenziarle su base regionale e di materie, ma - si legge nel ricco rapporto finale - anche dei ruoli rivestiti. E soprattutto, introducendo una valutazione delle scuole”. Da una parte si auspica, quindi, un rinnovamento della qualità degli insegnanti, senza il quale non sarebbe possibile elevare le conoscenze e gli apprendimenti; dall'altra si chiede di migliorare gli insegnamenti attraverso una convergenza dei sistemi di istruzione secondaria e terziaria al modello europeo. Molti gli invitati illustri che hanno risposto all’appello. Tra questi anche il Ministro Gelmini, che è sembrato determinato a ‘sponsorizzare’ la proposta della Fondazione basata su meritocrazia e sviluppi di carriera. “Il Parlamento italiano è nelle condizioni di legiferare per dare finalmente una carriera agli insegnanti", ha detto Gelmini specificando anche che introdurre il concetto di "concorrenza" nell'ambito scolastico "non significa privatizzare l'istruzione: i dirigenti scolastici devono avere la possibilità di chiamare gli insegnanti e finchè ciò non accadrà la parola autonomia sarà priva di significato. Bisogna avere il coraggio di fare delle riforme ed è urgente - ha sottolineato Gelmini - arrivarci attraverso una scuola di qualità". "Non ci può essere una buona scuola - ha continuato - solo con l'impiego di nuove tecnologie ma serve puntare sulle persone: anche attraverso l'introduzione della carriera degli insegnanti". Il Ministro, a tal proposito, riferendosi ad una recente indagine realizzata dall'Associazione nazionale presidi sull'esigenza di introdurre il merito tra i docenti, ha detto che "c'è insoddisfazione per l'operato dei sindacati". C’era interesse anche per le parole di John Elkann, vicepresidente della Fiat e della stessa Fondazione Agnelli: ebbene, per Elkann molti imprenditori italiani sono ormai "preoccupati di come va la scuola italiana. Il dibattito di questi mesi - ha sottolineato il vicepresidente - al di là delle polemiche di parte ha avuto un aspetto positivo: ora i punti dolenti sono allo scoperto. Le indagini internazionali sugli apprendimenti forniscono con impietosa frequenza segnali negativi sulla nostra scuola mostrandone ritardi e limiti".
Elkann si è
soffermato in particolare sul "consistente deficit di competenze"
dei nostri ragazzi della scuola secondaria "rispetto ai coetanei dei
Paesi coi i quali siamo soliti misurarci. Un ulteriore motivo di
allarme è che il deficit risulta particolarmente grave nei saperi
matematici e scientifici: non è un problema solo nostro, ma l'Italia
lo avverte più della maggior parte dei Paesi europei". Il momento
della sterzata si fa sempre più necessario. |