Troppi silenzi e reticenze
sui Centri per gli adulti e l'educazione permanente

Fiorella Farinelli, da ScuolaOggi 8.12.2009

Gianni Gandola scrive dello "strano silenzio" sceso sui Centri per l’istruzione degli adulti, e dell’inquietudine dei tanti insegnanti e dirigenti scolastici che negli ultimi anni hanno lavorato a sperimentare il collegamento tra CTP e serali, i percorsi integrati tra istruzione di base e formazione professionale, la certificazione delle competenze (1). Ma il silenzio dell’amministrazione scolastica si alimenta di altri silenzi. E’ stupefacente, per esempio, che tra gli obiettivi dello sciopero FLC-Cgil dell’11 dicembre, che in un nutrito elenco non lasciano fuori neppure le scuole italiane all’estero, non ci sia neppure la più piccola citazione dei temi dell’apprendimento permanente . E che negli ultimi mesi né dal sindacalismo scolastico né dall’associazionismo professionale sia stata offerta ai CTP e alle scuole serali l’opportunità di un coordinamento e di un’elaborazione di proposte per misurarsi con la complicata transizione verso i nuovi Centri. Con questo controverso passaggio dall’"educazione" all’ "istruzione" in cui ci sono non rischi ma certezze – in un paese in cui non più del 6,3% della popolazione adulta partecipa al lifelong learning - di un restringimento secco dell’offerta formativa pubblica per gli adulti.

Dietro al silenzio dell’amministrazione, e alle troppe inerzie delle Regioni, ci sono anche interessi e convenienze che si conciliano difficilmente con la parte "nobile" del regolamento, quella che unifica CTP e corsi serali, prima di tutto la contrarietà di molti istituti di scuola secondaria superiore con corsi serali a perdere organico e, in parecchi casi, i numeri stessi che danno diritto all’autonomia. E perfino, in qualche realtà. le difficoltà degli Enti Locali a dedicare degli edifici scolastici ai nuovi Centri. Ma che cosa c’è, dietro al silenzio di altri attori, se non il fatto che nel belpaese l’apprendimento permanente non ha ancora conquistato una sua vera cittadinanza? Eppure le sole statistiche sull’istruzione degli adulti - la metà delle forze di lavoro ha al massimo la licenza media - e i soli numeri sullo squilibrio demografico segnalano con tutta evidenza la necessità di sviluppare il lifelong learning e di non circoscriverlo alla sola formazione professionale continua degli occupati : con poco più di 500.000 giovani che ogni anno arrivano a diplomarsi (mentre quasi il 20% della coorte si perde ancora per strada ), occorrerebbe qualche decennio per ottenere con la sola istruzione/formazione iniziale quel miglioramento consistente del livello medio di istruzione degli adulti di cui c’é bisogno per tutti i tipi di sviluppo : economico, sociale, civile.

Degli 8.000 cassaintegrati in deroga che in provincia di Bergamo sono oggi obbligati a una pseudo-formazione che giustifichi l’integrazione regionale della cassa, l’80% non ha diplomi o qualifiche professionali, e molti sono lavoratori stranieri con scarse competenze linguistiche. Una crisi da cui si uscirà con tutte probabilità con una geografia produttiva fortemente cambiata – e quindi con la necessità per molti di riconvertire le proprie competenze professionali – ha spinto in molti paesi a potenziare i programmi di formazione degli adulti : prima di tutto i più giovani e i più anziani con bassa scolarità, prima di tutto le competenze di base, l’informatica, le tecnologie, le lingue per autoctoni e stranieri. Da noi, una parte delle risorse del Fondo Sociale per le politiche formative delle Regioni è stata dislocata sull’integrazione al reddito, e anche sul segmento scolastico di educazione degli adulti si interviene con l’accetta. Liquidando tutto il non formale, restringendo gli accessi, imponendo vincoli difficilmente sostenibili alla formazione in italiano lingua 2, lasciando all’autonomia delle scuole – ma con quali risorse ? – l’attivazione dei percorsi integrati . L’obiettivo principale è dunque , anche qui, la riduzione dell’organico ? O ci sono anche altre intenzioni, dallo spostamento in capo ad altri soggetti delle responsabilità e degli oneri della formazione degli adulti alla riduzione drastica delle opportunità di integrazione degli stranieri?

Di tutto ciò sarebbe utile discutere, se non altro per avere idee chiare sulla posta in gioco. Non avranno diritto di accedere ai nuovi Centri le persone che non siano prive del titolo di studio: dunque chi, magari già diplomato, volesse conseguire un altro titolo utile per la sua attività professionale o per la sua crescita personale, deve obbligatoriamente rivolgersi ai demonizzati diplomifici ? Gli unici indirizzi previsti sono quelli dell’istruzione che dà titoli spendibili nel mercato del lavoro, ma in base a quale norma – e a quale idea del lifelong learning - si nega agli adulti il diritto di scegliere anche un’istruzione liceale ? Bastano questi due vincoli per avere un’idea della distanza delle nostre politiche dalle indicazioni europee, e delle limitazioni del diritto all’istruzione. Ma il massimo della non lungimiranza politica e dell’avarizia sociale è nella costrizione all’interno dei percorsi formali di istruzione dei corsi di italiano lingua 2, che potrebbe respingere gran parte degli utenti determinando il tracollo dei tanti CTP che, in particolare nel Nord, hanno sopratutto allievi stranieri ( il 90%, tanto per non parlare a vanvera , degli oltre 5.000 iscritti dei sette CTP della provincia di Modena ) : e tutto ciò mentre un articolo del cosidetto "pacchetto sicurezza" condiziona al superamento di un test di lingua italiana la concessione agli stranieri del permesso di soggiorno lungo ( le cui modalità- si precisa – saranno definite dal Ministero dell’Interno d’intesa con quello della Pubblica Istruzione ). E’ alle Università popolari, alle Regioni e agli Enti Locali, al volontariato sociale che si affidano le risposte a questi enormi – e strategici – bisogni formativi ? Ma occorrerebbe riprendere la via dell’accordo in Conferenza Unificata del 2000, definire le competenze e le regole, dedicare risorse specifiche.

Su questi punti, e su numerosi altri – a partire dalle nuove regole di attribuzione degli organici in base non agli iscritti ma ai "certificati" – ci sarebbe un gran lavoro da fare, valorizzando le numerose esperienze innovative, portando a sintesi le elaborazioni migliori, definendo nuove proposte e iniziative a livello nazionale e locale. Per contenere qualche danno, che è sempre possibile e doveroso. E anche per rafforzare l’identità professionale, la convinzione e gli strumenti di tanti insegnanti oggi inquieti e mortificati dai troppi silenzi. Si potrebbe fare, ma certo bisognerebbe volerlo.

 

Note

(1) Gianni Gandola "Uno strano silenzio è sceso sui centri per l’istruzione degli adulti"