Vertecchi. Occorre una diversa politica culturale per innalzare
le competenze dei nostri alunni da Tuttoscuola, 14.12.2009 Le recenti rilevazioni internazionali sulle competenze di base dei nostri quindicenni chiamano in causa un sistema scolastico e una società civile che sembrano non in grado di aiutare gli adolescenti, soprattutto delle cosiddette fasce deboli (per contesto sociale e culturale), per aiutarli a conseguire livelli adeguati per vivere a pieno titolo nella società della conoscenza e della informazione. Anche la scuola primaria, chiamata a porre le basi per il successivo conseguimento delle competenze dei quindicenni, è stata chiamata in causa per un ruolo inadeguato. Una critica emersa con più intensità, dopo che l'Invalsi ha diffuso alcune settimane fa le rilevazioni sugli apprendimenti in italiano, matematica e scienze nelle classi seconde e quinte di questo settore scolastico. Il Messaggero ha intervistato appositamente il prof. Benedetto Vertecchi, già presidente dell'Invalsi, l'istituto di valutazione del sistema di istruzione. Il pedagogista si è detto non sorpreso delle difficoltà che i bambini della scuola primaria riscontrano nella lettura e con i numeri. "Il problema è sociale: non si possono dare tutte le colpe alla scuola. I bambini a scuola possono imparare a far di conto e a leggere, ma se poi a casa e fuori di scuola si confrontano con una realtà in cui queste competenze scarseggiano o sono poco impiegate, è difficile che riescano ad esercitarle". Secondo Vertecchi i bambini dovrebbero passare più tempo a scuola, come avviene, ad esempio, in Francia e in Finlandia. Il rimedio, però, non può venire che da una politica culturale diversa, con investimenti economici specifici, come avviene in Trentino, considerato al Finlandia d'Italia. |