Se manca il sostegno

Precariato, mancanza di fondi, sempre meno ore per i bimbi e i ragazzi portatori di handicap che necessitano di un insegnante. E così torna l’incubo delle "classi speciali".

 di Alberto Laggia da Famiglia Cristiana, 1.12.2009

Riduzione del sostegno agli alunni con disabilità, docenti senza formazione specifica, ritorno "mimetizzato" alle "classi speciali": in Italia non sembra più bastare una legislazione che, a partire dalla legge 102 del 1992, ha garantito l’integrazione nella scuola dei ragazzi disabili e il loro pieno diritto allo studio. Mai come quest’anno è stato messo in discussione uno dei punti più qualificanti della tradizione pedagogica della scuola italiana: il modello inclusivo degli studenti portatori di handicap.

Così, la Giornata internazionale delle persone con disabilità (il 3 dicembre) è diventata l’occasione per il mondo dell’associazionismo (che rappresenta centinaia di migliaia di famiglie con figli disabili), per manifestare il principio che la diversità non è un problema ma una risorsa e protestare contro le recenti prassi amministrative che ostacolano il processo d’integrazione. La mozione finale del 7° Convegno internazionale "La qualità dell’integrazione scolastica" promosso dal Centro studi Erickson recita: «Temiamo il declino di una vera integrazione, verso nuove forme d’esclusione, di carità compassionevole, cioè l’opposto di una naturale realizzazione di diritti elementari». La Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap) è stata chiara: «C’è una convenzione Onu dei diritti delle persone con disabilità approvata nel 2007 e ratificata dal Governo con la legge 18 del 2009. Noi saremo inflessibili nel denunciare ogni atto che vada contro questi princìpi».

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Pietro ha 9 anni ed è affetto da sindrome di Down. Frequenta volentieri la terza elementare di una scuola della terraferma veneziana. I suoi compagni gli vogliono bene. Ma fino a quando sarà felice di entrare in classe? «All’inizio di quest’anno non c’era ad accoglierlo, come al solito, l’insegnante di sostegno. È arrivato un paio di settimane dopo, portando pure cattive notizie: al posto delle 11 ore settimanali promesse, ne avrebbe svolte solo 8. Le insegnanti curricolari hanno allargato le braccia».

Ma Anna M., la mamma di Pietro, non s’è arresa. Prima è andata a protestare con la direzione dell’istituto e poi all’Ufficio scolastico provinciale. Per ora c’è solo la promessa di far partire dei progetti educativi con ore di straordinario gestite sia da docenti di sostegno che curricolari. «Desidero soltanto che Pietro sviluppi il "genietto" che è in lui, senza che nessun compagno di classe debba rimanere indietro col programma per colpa sua», conclude la madre.

Dall’inizio di questo anno scolastico i casi come quello di Pietro si stanno moltiplicando in tutt’Italia. Due mesi fa il Ciis (il Coordinamento italiano degli insegnanti di sostegno) ha denunciato, per voce del suo presidente Evelina Chiocca, l’esistenza di allievi con handicap ai quali sono state assegnate anche solo tre ore. Risultato? Non si contano più i ricorsi ai Tribunali amministrativi regionali contro il ministero dell’Istruzione promossi da genitori con figli disabili. E i giudici danno sempre ragione alle loro istanze di richiesta d’aumento di ore di sostegno. L’ultima raffica di sentenze è del Tar di Cagliari: 25, e tutte favorevoli alle famiglie di alunni con disabilità.

Ma non basta. L’Anffas (l’associazione nazionale delle famiglie di persone disabili) ha di recente ricevuto segnalazioni dalla Sicilia di casi di studenti disabili "allontanati" dalla propria classe, e ha deciso di attivarsi chiedendo all’Ufficio scolastico regionale ispezioni per verificare il trattamento di questi alunni. A ciò s’aggiungono gli allarmi lanciati da più parti per il ritorno al ricorso da parte di alcune scuole ai vecchi "laboratori speciali" riservati ai soli studenti con handicap, che è l’anticamera delle "classi differenziate" tanto stigmatizzate anche dalle ultime "Linee guida per l’integrazione degli alunni con disabilità" stilate dal ministero dell’Istruzione.

Che sta succedendo nelle aule scolastiche italiane e che ne è delle prassi d’integrazione degli alunni con disagi (178.930 nel 2009)? Sotto accusa sono, anzitutto, i tagli al sostegno. «Il ministero, in realtà, ha lasciato invariato il numero degli insegnanti. Il problema è che sono aumentati gli alunni con disabilità certificate», esordisce Mariateresa Polese, presidente dell’Aipd (Associazione italiana persone Down) di Venezia. Così l’avvio dell’anno scolastico ha riservato amare sorprese a molte famiglie italiane: drastica riduzione delle ore di sostegno didattico, abnorme numero di alunni per classe, anche 30, contro le stesse direttive del Dpr 81/2009, con quattro-cinque casi di disabilità, quando il rapporto dovrebbe essere di uno a 20, e, infine, totale impreparazione degli insegnanti curricolari rispetto a queste problematiche. Tutto ciò sta mettendo in crisi il sistema collaudato di inclusione scolastica dei portatori d’handicap e l’efficacia del l’azione didattica per tutta la classe.

«Il rapporto ideale di un insegnante di sostegno ogni due studenti diventa a volte anche di uno a tre. Quando se ne ammala uno, passano anche settimane per l’arrivo del supplente. E nel frattempo a tappare il buco vengono utilizzati i cosiddetti "accudienti", messi a disposizione dai Comuni, ma che non hanno competenze didattiche specifiche. Non parliamo poi degli avvicendamenti dei docenti durante lo stesso anno scolastico, causati dal fatto che il 50 per cento degli insegnanti di sostegno non è di ruolo», osserva ancora Polese. Alla faccia della tanto sbandierata continuità didattica. Ma può accadere anche di peggio, com’è avvenuto in una scuola di Napoli qualche giorno fa, quando, in assenza degli assistenti, il personale Ata (gli ex bidelli) si è rifiutato di accompagnare al bagno i ragazzi disabili.

«Quando nella scuola si taglia su tutto, dal personale docente alla cancelleria, è sempre il più debole a pagarne le conseguenze». Il commento amaro è di Giovanni M., il genitore che vive in una grande città del Nord, padre di Maria. «Il diritto allo studio passa anche per il semplice accesso ai bagni o la possibilità di portare il cibo alla bocca. Noi siamo fortunati: Maria a scuola può contare su 11 ore di sostegno e 28 d’assistenza. Abbiamo un buon supporto dai maestri e dal centro di neuropsichiatria. Ma la sensazione è che tutto ciò sia, appunto, più dovuto alla buona sorte che ad altro».

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«PER RISPARMIARE BUTTANO VIA SOLDI»

 

«Ancora un anno così, e l’integrazione scolastica, fiore all’occhiello della scuola italiana, se ne andrà in soffitta», aveva tuonato Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale della Fish, qualche settimana fa. E i direttivi di Fand (Federazione tra le associazioni nazionali dei disabili) e Fish avevano minacciato di uscire dalla Consulta ministeriale dell’Osservatorio sull’integrazione scolastica se il ministro Gelmini avesse continuato a disertare le riunioni dell’organismo. Poi, il 19 novembre, il ministro dell’Istruzione ha incontrato le due federazioni assumendosi alcuni impegni da trasformare in indicazioni pratiche, il 2 dicembre.
 

Cosa avete chiesto al ministro, avvocato Nocera?

«Anzitutto che l’integrazione sia di qualità. E perché ciò avvenga chiediamo che le classi sovrannumerate in presenza di alunni con disabilità vengano sdoppiate. Poi abbiamo chiesto che si realizzi il monitoraggio delle classi. Un’altra richiesta riguarda la formazione di base per gli insegnanti curricolari. Devono prendersi carico anch’essi dell’integrazione scolastica».

Cos’è previsto ora?

«Attualmente non esiste alcuna formazione, sebbene l’emanando regolamento del ministro Gelmini sulla formazione dei futuri docenti preveda crediti formativi concernenti l’integrazione scolastica. Quando è nata l’integrazione negli anni ’60 e ’70 non esistevano insegnanti di sostegno, eppure l’inclusione funzionava proprio grazie al corpo docente della classe. Certo i casi di disabilità erano molto meno gravi, ma la risorsa fondamentale resta il docente curricolare. Oggi tutto viene delegato all’insegnante di sostegno, quando viene a mancare, accadono i disastri: gli alunni disabili vengono rimandati a casa e i genitori fanno causa al Tar».

Cause che il ministero dell’Istruzione perde regolarmente, vero?

«Certo. Così, mentre cerca di risparmiare quattro soldi sul sostegno, viene sempre più castigata dai giudici. E ogni sentenza persa costa in risarcimento danni 10 mila euro a testa».

Si rischia davvero di tornare alle classi differenziate?

«Sì. Quando ci sono classi troppo numerose, la soluzione facile è mandare tutti i disabili in un’aula con insegnanti di sostegno. Purtroppo il ministro applica male il Vangelo».

E cioè?

«Ha interpretato troppo alla lettera il motto evangelico: "Non sappia la mano destra quello che fa la sinistra". Con una mano ha firmato le "Linee guida", con l’altra un decreto che vieta di sforare i budget indicati dal ministro dell’Economia Tremonti, stabilendo che i dirigenti scolastici regionali siano personalmente responsabili dello sforamento. A chi, di fronte al rischio di doverci rimettere di tasca propria, interesserà la qualità del sostegno?».