NELL'ULTIMO ANNO DEGLI ISTITUTI SCIENTIFICI
Francia, la scuola del futuro La riforma proposta da Sarkozy scatena polemiche anche in Italia Elena Lisa, La Stampa 14.12.2009 Gli intellettuali sono in rivolta. Gli studenti un po’ meno. Però non se ne disinteressano e infatti intasano i blog per parlare e chiarirsi le idee. Oggetto di discussione: che tipo di scuola e di cultura sarà quella in cui verranno abolite le lezioni di storia e geografia? Una questione tutt’altro che ipotetica, almeno in Francia, dove il governo Sarkozy sta pensando a una riforma che, tra le altre cose, preveda per l’ultimo anno negli istituti e nei licei a indirizzo scientifico, la cancellazione dei due insegnamenti giudicati «umanistici» e quindi non fondamentali per il tipo di scuola scelto. Una proposta portata avanti dal ministro dell’Istruzione francese, la cui eco ha scavalcato le Alpi arrivando in Italia. Anche qui educatori, pensatori e insegnanti hanno incominciato a discutere della «nuova» scuola e a scambiarsi opinioni. Mario Tozzi, primo ricercatore del consiglio nazionale delle Ricerche, conduttore televisivo e autore di numerose pubblicazioni scientifiche su riviste italiane e internazionali, sulla faccenda ha un’idea chiara: «Faccio un lavoro che mi permette di stare in contatto con molti giovani, perciò posso dire che i libri di storia e di geografia sono quelli che, meno degli altri, dovrebbero mancare nei loro zaini». E aggiunge: «Geografia è una materia maltratta a torto. Si ritiene non sia più importante studiarla perchè ormai ci sono satelliti e carte che ci guidano ovunque. Invece molti non sanno che studiare geografia è, prima di tutto, un esercizio intellettuale come studiare latino. La geografia è la rappresentazione di un mondo, una compagna di strada prima ancora che la mappatura del viaggio». Nemmeno Sergio Luzzatto, insegnante di Storia Moderna all’Università di Torino, sembra molto convinto dell’abolizione delle lezioni di storia e ne fa una questione d’età: «L’ultimo anno di scuola è quello in cui s’insegna la storia più recente e quello in cui la maggior parte degli studenti diventa maggiorenne. Escludere i ragazzi che entrano a tutti gli effetti a far parte della società, compreso il diritto dovere di voto, dalla conoscenza dei fatti del 900 è privarli di un sapere indispensabile». Cosa che, in Italia, di fatto già accade. Nel 2001, durante il secondo governo Berlusconi, il ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, ripristinò un vecchio ordinamento che prevedeva, all’ultimo anno, lo studio dell’ 800 e del 900. Dice ancora lo storico: «Il programma scolastico è talmente lungo che gli insegnanti arrivano a ridosso della maturità senza toccare il periodo più significativo della dittatura nazista e della seconda guerra mondiale». Studiare storia, è l’opinione condivisa, significa recuperare la memoria e quindi limitare la possibilità di commettere gli errori già avvenuti nel passato. Dovrebbe essere quindi la materia più apprezzata dalle nuove generazioni, desiderosa di non ripetere più certi sbagli, invece, riforma o non riforma, accade il contrario: «Il primo giorno di scuola all’Università faccio un test a sorpresa e scopro che le lacune degli studenti sono enormi - prosegue Luzzatto - e credo che la causa vada ricercata nei tempi. Quello in cui viviamo pare spingerci tutti, giovani compresi, a vivere in un eterno presente che non lascia spazio a quel che è stato e che nemmeno troppi slanci verso quel che sarà». |