Italiano, meno professori

Il ministero dell'Istruzione taglia almeno del 9% i docenti di Lettere delle medie inferiori

Flavia Amabile, La Stampa 4.4.2009

Nel codice non scritto degli insegnanti si sa che quelli di Lettere sono di un livello superiore, una sorta di categoria intoccabile. Perché l’italiano è l’italiano, e la storia ha il suo peso, e lo stesso ministro Gelmini in passato aveva avvertito che si trattava di materie da studiare di più e meglio. E, invece, ora tocca anche a loro. Quest’anno le forbici del ministero dell’Istruzione li hanno colpiti pesantemente. Non è ancora del tutto chiara la cifra. Il ministero sostiene che si tratta di 6 mila docenti, il 9% in meno dei professori di lettere su un totale di 9 mila tagli previsti per quest’anno. Secondo la Uil, invece, i tagli dei soli docenti di lettere sarebbero 9.500, il 16-17% in meno rispetto ai docenti italiani.

I dati emergono dalla circolare emanata dal ministero dell’Istruzione che trasmette il decreto interministeriale sugli organici del personale docente che riduce di circa 37.000 unità l’organico di diritto, nonchè il decreto che ridefinisce la composizione delle cattedre della scuola secondaria di primo grado.

Secondo la Uil, oltre ai prof di lettere alle medie andranno via 2.500 docenti di tecnica. Confermato il taglio di circa 10.000 insegnanti alle elementari e di circa 11.300 alle superiori.

Secondo un calcolo dell’Anief, invece, saranno 20.943 i posti complessivi da docenti tagliati al Sud e nelle Isole; al Nord si ridurranno le cattedre di 11.625 unità; mentre al Centro la riduzione comporterà 9.535 posti in meno.

Verranno anche cancellate 245 autonomie scolastiche: quasi un terzo dei tagli riguarderanno la Calabria (75, il 12% in meno)) poi segue la Sardegna (33 scuole in meno pari ad un calo quasi dell’8%). Nessuna scuola verrà accorpata o cancellata in Piemonte, Lombardia, Friuli, Marche e Puglia.

A Mariangela Bastico, responsabile scuola del Pd, il forte taglio dei docenti di lettere delle scuole medie non è piaciuto. «Oggi sono stati effettuati 32.100 tagli di organico di diritto e, tra poco meno di due mesi, ne seguiranno altri 10mila. Una ghigliottina sulle materie letterarie e tecniche della scuola media e sulla seconda lingua comunitaria, sull’offerta formativa della scuola pubblica, che subisce da questo governo un attacco che non ha precedenti in oltre 60 anni di storia repubblicana».

«Questi dati smentiscono - avverte Mimmo Pantaleo, segretario della Flc Cgil - le dichiarazioni rilasciate dal Ministro nella scorsa settimana in TV a ‘Porta a porta’ e tendenti ad attenuare la portata della manovra concordata con il ministro dell’Economia, una manovra pesantissima su gran parte delle regioni del sud, a cui si aggiungeranno i 15 mila tagli previsti per il personale Ata».

 

 

 

 

li anni di scuola superiore. Sono i giovani selezionati per salire al Quirinale e essere premiati al Quirinale come «Alfieri» del Lavoro, e in quanto tali si immagina che siano poi stati coccolati dal nostro sistema scolastico e universitario, segnalati, seguiti. E invece almeno una sessantina di loro non si iscriverà nemmeno all’università. E un centinaio in totale, se anche si iscriverà, al massimo arriverà alla laurea breve.

«Uno spreco», lo definisce Giancarlo Gasperoni, responsabile del primo rapporto sugli studenti eccellenti italiani, realizzato dall’Istituto Carlo Cattaneo su richiesta della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. Ad analizzare bene i dati, infatti, ci si rende conto che il 6% dei diplomati intervistati ha deciso di non proseguire gli studi pur avendo speso tempo e energie per otto anni con il massimo dei voti. E si scopre che «fra quelli che si iscrivono c’è un 3-4% che abbandona pochi mesi dopo aver iniziato e un altro 3-4% che prevede di arrivare al massimo a conseguire una laurea di tre anni».

Ma chi sono gli studenti migliori d’Italia del 2007? Soprattutto donne, sei su quattro maschi. Provengono dai licei classici (20,8% degli intervistati) o scientifici (il 32,4%) o dai linguistici (7,3%) Uno su tre arriva dagli istituti tecnici mentre decisamente meno rappresentati appaiono gli istituti professionali (3,5%), artistici (2,3%) o gli ex magistrali (3,9%). Più di quattro su dieci arrivano dal nord. Una grossa fetta di loro, insomma, che sale a 6 studenti eccellenti su dieci se si considera anche il centro. Meno rappresentati gli studenti meridionali (il 22%), un dato che si spiega non tanto con la minore bravura dei ragazzi del Sud quanto con l’indifferenza mostrata dalle scuole campane che in gran parte non hanno partecipato alla selezione. Il restante 11% di studenti eccellenti arriva dalle isole.

Molti dei ragazzi più studiosi d’Italia hanno famiglie benestanti alle spalle ma non la maggioranza. Due giovani su tre ha genitori non laureati, alcuni persino non diplomati e comunque appartenenti ai ceti medi e operai.

Sono ragazzi abbastanza soddisfatti - visto che sono i più bravi ma solo fino ad un certo punti: uno su dieci si pente delle scelte compiute a livello scolastico. E fra coloro che decidono di proseguire gli studi anche dopo il diploma uno su otto vorrebbe cambiare il percorso universitario. Uno su tre, però, ha le idee vaghe e ha scelto a quale facoltà iscriversi soltanto dopo la maturità o, addirittura, dopo la pausa estiva. «Se vi fosse un migliore orientamento alcuni di loro avrebbero tutti i requisiti per poter frequentare le università a numero chiuso ma se la scelta viene effettuata tardi ci si preclude questa possibilità», ricorda il professor Gasperoni.

Due su dieci dei diplomati più bravi d’Italia hanno scelto di diventare ingegneri o architetti. Il 16% di loro si è orientato verso le professioni di medico, dentista o farmacista. Meno interessanti sono apparsi ai loro occhi studi di carattere sociale, politico o giuridico.
Vorrebbero andare all’estero ma a rispondere un sì convinto sono soprattutto le donne (28%), i maschi un po’ meno (il 21%). E comunque in totale solo 3 eccellenti su dieci vorrebbe studiare fuori dell’Italia.

Su una cosa però hanno le idee molto chiare gli studenti più bravi del 2007. Quando hanno chiesto loro se da grandi volessero fare un lavoro vicino a quello dei loro genitori, nove su dieci hanno risposto un bel «no».

 


Benito Benedini, presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, perché avete deciso di studiare gli studenti più brillanti d’Italia?

«Perché esiste un forte e pericoloso scollamento tra università e imprese. Come federazione vorremmo realizzare anche un accordo con la Fondazione Crui che riunisce le maggiori università per studiare come i ragazzi possano essere aiutati a scegliere, per intervenire nell’orientamento».

Quali carenze ha rilevato questo primo rapporto sugli studenti?
«Che è necessario maggiore sostegno agli eccellenti non liceali, che si deve potenziare proprio l’orientamento delle scelte, che si deve trovare il modo di interessa re di più questi ragazzi alle materie scientifiche. Io mi occupo di chimica. Nel nostro settore abbiamo bisogno di ingegneri chimici e non ce ne sono».

I governi non hanno fatto abbastanza in questo campo in questi anni?
«In Italia si sono fatte soltanto molte chiacchiere. Vorremmo colmare le profonde lacune che esistono».