Italiano, meno professori Il ministero dell'Istruzione taglia almeno del 9% i docenti di Lettere delle medie inferiori Flavia Amabile, La Stampa 4.4.2009
Nel codice non scritto
degli insegnanti si sa che quelli di Lettere sono di un livello
superiore, una sorta di categoria intoccabile. Perché l’italiano è
l’italiano, e la storia ha il suo peso, e lo stesso ministro Gelmini
in passato aveva avvertito che si trattava di materie da studiare di
più e meglio. E, invece, ora tocca anche a loro. Quest’anno le
forbici del ministero dell’Istruzione li hanno colpiti pesantemente.
Non è ancora del tutto chiara la cifra. Il ministero sostiene che si
tratta di 6 mila docenti, il 9% in meno dei professori di lettere su
un totale di 9 mila tagli previsti per quest’anno. Secondo la Uil,
invece, i tagli dei soli docenti di lettere sarebbero 9.500, il
16-17% in meno rispetto ai docenti italiani.
li anni di scuola superiore. Sono i giovani selezionati per salire al Quirinale e essere premiati al Quirinale come «Alfieri» del Lavoro, e in quanto tali si immagina che siano poi stati coccolati dal nostro sistema scolastico e universitario, segnalati, seguiti. E invece almeno una sessantina di loro non si iscriverà nemmeno all’università. E un centinaio in totale, se anche si iscriverà, al massimo arriverà alla laurea breve. «Uno spreco», lo definisce Giancarlo Gasperoni, responsabile del primo rapporto sugli studenti eccellenti italiani, realizzato dall’Istituto Carlo Cattaneo su richiesta della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro. Ad analizzare bene i dati, infatti, ci si rende conto che il 6% dei diplomati intervistati ha deciso di non proseguire gli studi pur avendo speso tempo e energie per otto anni con il massimo dei voti. E si scopre che «fra quelli che si iscrivono c’è un 3-4% che abbandona pochi mesi dopo aver iniziato e un altro 3-4% che prevede di arrivare al massimo a conseguire una laurea di tre anni». Ma chi sono gli studenti migliori d’Italia del 2007? Soprattutto donne, sei su quattro maschi. Provengono dai licei classici (20,8% degli intervistati) o scientifici (il 32,4%) o dai linguistici (7,3%) Uno su tre arriva dagli istituti tecnici mentre decisamente meno rappresentati appaiono gli istituti professionali (3,5%), artistici (2,3%) o gli ex magistrali (3,9%). Più di quattro su dieci arrivano dal nord. Una grossa fetta di loro, insomma, che sale a 6 studenti eccellenti su dieci se si considera anche il centro. Meno rappresentati gli studenti meridionali (il 22%), un dato che si spiega non tanto con la minore bravura dei ragazzi del Sud quanto con l’indifferenza mostrata dalle scuole campane che in gran parte non hanno partecipato alla selezione. Il restante 11% di studenti eccellenti arriva dalle isole. Molti dei ragazzi più studiosi d’Italia hanno famiglie benestanti alle spalle ma non la maggioranza. Due giovani su tre ha genitori non laureati, alcuni persino non diplomati e comunque appartenenti ai ceti medi e operai. Sono ragazzi abbastanza soddisfatti - visto che sono i più bravi ma solo fino ad un certo punti: uno su dieci si pente delle scelte compiute a livello scolastico. E fra coloro che decidono di proseguire gli studi anche dopo il diploma uno su otto vorrebbe cambiare il percorso universitario. Uno su tre, però, ha le idee vaghe e ha scelto a quale facoltà iscriversi soltanto dopo la maturità o, addirittura, dopo la pausa estiva. «Se vi fosse un migliore orientamento alcuni di loro avrebbero tutti i requisiti per poter frequentare le università a numero chiuso ma se la scelta viene effettuata tardi ci si preclude questa possibilità», ricorda il professor Gasperoni.
Due su dieci dei diplomati più bravi
d’Italia hanno scelto di diventare ingegneri o
architetti. Il 16% di loro si è orientato verso le professioni di
medico, dentista o farmacista. Meno interessanti sono apparsi ai
loro occhi studi di carattere sociale, politico o giuridico.
Su una cosa però hanno le idee molto chiare
gli studenti più bravi del 2007. Quando hanno chiesto loro se da
grandi volessero fare un lavoro vicino a quello dei loro genitori,
nove su dieci hanno risposto un bel «no».
«Perché esiste un forte e pericoloso scollamento tra università e imprese. Come federazione vorremmo realizzare anche un accordo con la Fondazione Crui che riunisce le maggiori università per studiare come i ragazzi possano essere aiutati a scegliere, per intervenire nell’orientamento».
Quali carenze ha rilevato questo primo
rapporto sugli studenti?
I governi non hanno fatto abbastanza in
questo campo in questi anni? |