Il voto unico non è adatto
a giudicare la preparazione

Pasquale Almirante, La Sicilia 6.8.2009

I dati si sono invertiti; se le eccellenze per l’Ocse-Pisa (l’istituto che verifica i livelli di preparazione degli studenti con prove oggettive a livello internazionale) si trovano soprattutto al nord Italia, i rilevamenti degli esami di stato di quest’anno dicono invece che il sud ha diplomato una percentuale in più, oltre il 40%, di ragazzi con 100 o con 100 e lode, surclassando i colleghi del nord. I ragazzi meridionali sono dunque più bravi o i metri di valutazione vengono applicati in maniera diversa? Il sospetto che al sud gli esami siano più facili lo ha sollevato pure la Lega a proposito del concorso a preside, ma anche per le abilitazioni dei docenti e così via, chiedendo per questo di alzare dogane contro la migrazione intellettuale sudista, ma dimenticando però che se i rilevamenti Ocse-Pisa danno i loro studenti ben preparati ciò è pure dovuto ai professori e ai presidi del sud. In ogni caso si possono apportare tutte le argomentazioni pro o contro, ma il contenuto non cambia: gli esami di stato a fine quinquennio di istruzione superiore così come si articolano oggi, e pure ieri, certificano molto poco delle reali capacità dei ragazzi e portano con sé sempre il sospetto della difformità di valutazione.

Intanto decretare a priori l’ammissione o meno agli esami è di per sé una evidente forzatura perché questa procedura è prevista solo per gli interni, mentre agli esterni nulla è richiesto, tranne i documenti di avvenuto abbandono della scuola prima del 15 marzo; e poi come si fa a non ammettere dopo cinque anni di scuola? Che strategia didattica ha adottato il consiglio di classe, sia nell’arco del quinquennio e sia alle soglie del diploma, per evitare la bocciatura? Si è rivelato improvvisamente o è stato perennemente asino quest’alunno? Ma l’inadeguatezza di questo esame va oltre: che significato ha un voto unico sul diploma con cui si giudica sia l’intero quinquennio, sia le sei materie oggetto delle prove e sia le altre escluse dagli esami? Confinidustria reclama personale preparato, il Miur lancia la nuova istruzione superiore, ma agli effetti pratici un voto unico cosa racconta sulle reali competenze di un neo geometra o di un neo liceale? Sembra evidente allora che l’attuale formula d’esame dovrebbe essere superata così come in vero da molti ambienti viene sollecitato.

Intanto al quinto anno è ormai impensabile di bloccare un giovane, sia prima degli esami, sia dopo. Nei primi quattro anni c’è tutto il tempo e le occasioni per farlo, tant’è che la imminente riforma delle superiori prevede già due bienni (1^-2^ e 3^-4^) e un monoennio (5^ anno). E al quinto anno l’esame finale andrebbe fatto, non sulle sole sei materie scelte dal ministero, ma su tutte quelle previste dal piano di studi verificate da una commissione tutta sterna che a conclusione esprime un giudizio (o voto) dettagliato per singola disciplina. Il diploma così diventa un certificato rilasciato dalla scuola che ha l’obbligo di definire nel dettaglio i livelli di conoscenza, di competenza, di capacità e pure di comportamento del ragazzo a conclusione del ciclo di studi, mentre spetterà a lui scegliere cosa fare, se ripetere ancora il 5^ anno (per migliorare il proprio certificato) o tentare l’avventura altrove. In molte parti d’Europa fra l’altro il sistema è esattamente questo, come la Mission della istruzione è quella di educare innanzitutto alla cittadinanza e alla conoscenza, in cui il merito sia atto riconoscibile e riscontrabile ovunque, anche perché viene certificato dallo Stato alla presenza del quale, per la prima volta nella sua vita, il candidato subisce un giudizio ufficiale e dà prova di sé e di ciò che ha fatto fin’ora a spese della collettività che sul suo e il proprio futuro ha investito. E non solo, ma ogni singolo docente, a conclusione degli esami, si deve assumere le specifiche personali responsabilità, con scienza e coscienza, senza mediazioni coi colleghi e senza i difensori interni che tentano sempre di parare i colpi per assegnare, come ancora avviene, un voto unico comunque compromissorio e comunque dubbio.