SCUOLA
Monta protesta precari,
Stavolta 7 docenti donne. Sciopero fame a
Palermo per 2 tecnici ApCOM 29.8.2009
Per due volte in una settimana alcuni precari della scuola, il cui
posto di lavoro è minacciato dai tagli agli organici decisi dal
governo, sono saluti sul tetto dell'Ufficio scolastico provinciale
di Benevento: dopo la prima contestazione svolta martedì scorso,
oggi sette donne precarie storiche, in attesa del ruolo da oltre
dieci anni ed iscritte al 'Comitato insegnanti precari', si sono
recate sul punto più alto dell'ex provveditorato con l'intenzione di
'resistere' fino a che il direttore dell'Usr non dia garanzie sul
loro futuro e su quello dei 500 colleghi sanniti che dopo supplenze
di lunga durata dal primo settembre rischiano di rimanere
disoccupati. Le sette insegnanti precarie sembrano molto
determinate: con loro hanno scorte alimentari sufficienti per
resistere per diverse settimane, per proteggersi dai raggi del sole
hanno allestito un gazebo ed hanno il sostegno di decine di colleghi
non di ruolo che all'entrata dell'Usr si sono riuniti in presidio
permanente. Per rendere visibile a tutti i passanti la protesta
hanno issato anche uno striscione: "Contro il più grande
licenziamento di massa. 20000 in Italia, 500 a Benevento. Vogliamo
un futuro". A poco più di due settimane dall'inizio del nuovo anno
le proteste dei precari, che si oppongono ai 42.000 tagli al
personale docenti e 15.000 a quello amministrativo, tecnico ed
ausiliario (che si ripeteranno anche per altri due anni), sembrano
destinate ad allargarsi a macchia d'olio: martedì scorso ad Arezzo
decine di insegnanti hanno lavato i vetri delle automobili ferme ai
semafori con addosso dei vistosi mutandoni e t-shirts bianche con
scritto "Precario scuola licenziato" . "Per anni - hanno spiegato i
precari su un volantino - siamo serviti a far funzionare la scuola
per coprire i posti che non erano messi a ruolo. Ora lo Stato
intende disfarsi di noi senza una parola di ringraziamento senza
neppure tentare un timido 'Scusa mi dispiace'. Adesso noi siamo
senza lavoro e le scuole in grandi difficoltà anche per operazioni
semplici come l'apertura e la chiusura degli edifici, per non
parlare della didattica, e di tutte le attività di insegnamento.
Dopo il lungo fidanzamento - hanno concluso i lavoratori aretini -
lo Stato non solo non ci porta al matrimonio promesso, il tanto
auspicato posto fisso, ma ci abbandona letteralmente in mutande".
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