Quanti sono i dialetti in Sicilia? Pasquale Almirante, La Sicilia 21.8.2009 Il problema sembra di facile soluzione, ma in effetti non lo è, e così come è stato posto dalla Lega Nord ha tutta l'intento di dirottare l'attenzione da problemi più gravi come il licenziamento in massa, denunciato da una prestigiosa rivista di scuola, di oltre 20 mila precari che è il più pesante della storia della Repubblica. L'insegnamento delle lingue regionali (dialetti, parlate locali ecc.) pur avendo in sé una sua nobile finalità, che è appunto il recupero di una romantica identità culturale, ha pure bisogno, se si prescinde dal divertissement, di docenti in grado di farlo e in possesso di titoli documentabili per affrontare un tema tanto impegnativo e nello stesso delicato. Allora la questione è se posizionare lo studio del dialetto come corso curricolare, sfruttando il 20% dell'orario settimanale, o se inserirlo come attività aggiuntiva pomeridiana, coinvolgendo solo i ragazzi che ne farebbero richiesta. Nell'un caso come nell'altro il nodo è trovare insegnanti preparati, che abbiano cioè i titoli necessari e soprattutto documentabili per attuare una docenza quantomeno dignitosa. Dove trovarli? E' vero che tutti (o forse no) conoscono la parlata locale, ma è anche vero che migliaia di termini caratteristici siciliani col tempo sono andati perduti, sia perché l'economia è cambiata, da agricola a industriale, e sia perché la lingua in sé è fatto dinamico e quindi soggetta a mutazioni, come è possibile vedere fra un autore anche di metà Novecento e uno dei nostri giorni, Camilleri compreso. E allora quale lingua dialettale insegnare? Prendiamo come esempio tre versi di un sonetto di un poeta popolare di San Cono, scomparso nel 1992:
«Genti di cozzi, di timpi e chiarchiari, E' dialetto dell'entroterra siciliano i cui termini, strettamente contadini, non trovano riscontro nelle realtà rivierasche, né sono più usati là dove nacquero, ma che qualcuno dovrebbe tradurre, spiegare e commentare a ragazzi adusi ad altro: chi e con quali strumenti? Tranne che si prevedano corsi universitari specialistici e il ministero assegni classi di concorso e abilitazioni relative, perché altrimenti l'insegnamento del dialetto diventa una farsa, un modo per sprecare i fondi regionali e per consentire a qualche docente raffazzone di integrare il magro stipendio. E non solo, ma se viene scelto di usare il 20% (per esempio: su 4 ore di italiano un'ora di dialetto) dell'orario curricolare, quanti docenti abilitati, o comunque con titoli certificabili, occorrono? Se poi lo si vuole insegnare in orario extrascolastico quanti ragazzi e per quante ore a settimana vi parteciperebbero? Diciamo la metà su una media di 600? E gli altri? Ma domanda delle domande: chi ne verifica, certificandoli, i risultati degli alunni? |