Il commissario europeo per
l’istruzione, la formazione e la cultura, «Scuola, Italia troppo lontana dall’Europa». Cristina Marconi, da il Mattino, 7.9.2008
Il commissario europeo per l’istruzione, la
formazione e la cultura, lo slovacco Jan Figel, non è uno di quei
commissari che aprono procedure o minacciano sanzioni se un paese
non rispetta i parametri di Bruxelles. In materia di scuola,
infatti, le politiche comunitarie puntano a fornire ai governi degli
obiettivi rispetto ai quali orientare le proprie scelte, ma non sono
vincolanti. Certo è che se lo fossero, l’Italia con il suo sistema
scolastico ancora attraversato da debolezze strutturali e da un
divario tra Nord e Sud che ha pochi uguali in Europa, rischierebbe
di finire molto spesso nel mirino della Commissione. Commissario
Figel, c'è un acceso dibattito sulla scuola in Italia. Dai test i
nostri studenti risultano meno bravi dei ragazzi europei e questo
problema si sente soprattutto al Sud. Bruxelles è preoccupata? «In
Italia spicca innanzi tutto un tasso di abbandono precoce ancora
notevolmente superiore alla media europea, con un 19,3% contro un
14,8%, e questo resta un problema grave. Tuttavia, devo ammettere
che la situazione è molto migliorata nell’ultimo decennio e che
l’Italia è stata tra i più rapidi a fare progressi. Basti pensare
che nel 2000 era addirittura il 25,3% degli studenti a non finire la
scuola». Però lei sembra dire che l’Italia ancora non si è messa in
pari con gli obiettivi europei. Può ricordarci quali sono? «A
livello europeo, gli Stati membri si sono messi d’accordo per una
serie di obiettivi strategici nel campo dell’istruzione e della
formazione. Uno di questi è ridurre il numero di abbandoni
scolastici prematuri a meno del 10% entro il 2010. E anche se la
direzione è quella giusta, è molto improbabile che l’obiettivo venga
raggiunto. I progressi sono semplicemente troppo lenti». Però questo
non è un settore in cui l’Ue può aprire procedure, come per il
deficit eccessivo. Come fa la Commissione a far rispettare obiettivi
non vincolanti? «La responsabilità per le politiche sull’educazione
e la scuola spetta agli Stati membri e il ruolo della Commissione è
di sostenerli. Il fatto di avere obiettivi comuni è senz’altro un
incentivo. Nel maggio 2003 i ministri dell’istruzione, a Lisbona,
hanno fissato 5 parametri da raggiungere nel 2010. Oltre a quello
sull’abbandono prematuro, l’obiettivo è ridurre il numero di
studenti con difficoltà di lettura al 20% e arrivare ad avere almeno
all’85% dei giovani con un'istruzione secondaria superiore. Poi l’Ue
vorrebbe almeno il 15% di laureati in matematica, scienze e
tecnologie, aumentando il numero di ragazze «scienziate», e fare in
modo che almeno il 12,5% degli adulti possa accedere all’istruzione.
Inoltre il target è raggiungere il 90% per la formazione
pre-scolastica e per l’insegnamento di almeno due lingue fin
dall’infanzia». E come si posiziona l’Italia, complessivamente? «Il
vostro paese ha una performance «mista». Tra il 2000 e il 2006,
invece di diminuire, sono aumentati quasi del 40% gli studenti con
difficoltà di lettura, secondo le indagini di Ocse Pisa. Dall’altra
parte l’Italia ha fatto notevoli progressi nel ridurre la quota di
chi lascia la scuola troppo presto e nel migliorare l’accesso
all’istruzione secondaria superiore. Purtroppo, però, in entrambi i
casi l’Italia è sotto la media». Qualche aspetto positivo ci sarà
pure… «Certo: l’Italia è tra i paesi in cui il numero di laureati in
scienze è aumentato di più. Anche se la formazione degli adulti
resta invece sotto la media, e cresce poco. L’Italia ha fatto propri
gli obiettivi sugli studenti con risultati scadenti e sugli
abbandoni prematuri per sviluppare politiche per il Meridione.
Speriamo di servire da stimolo, anche perché adeguarsi ai parametri
Ue avrà ricadute positive sia sull’economia che sulla coesione
sociale». Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha detto
di prevedere un taglio del 7% della spesa per la Pubblica
istruzione. L’Europa che ne dice? «Le nostre indicazioni non sono
vincolanti, però al consiglio di Barcellona del 2002 gli Stati
membri hanno deciso che la spesa complessiva in ricerca, sviluppo e
in innovazione deve essere aumentata con l’obiettivo di raggiungere
il 3% del pil nel 2010». Dopo i numerosi episodi di bullismo degli
ultimi anni, il ministro Gelmini ha intrapreso alcune iniziative
anche per ridare un ruolo centrale alla disciplina, reintroducendo
il voto in condotta tra i parametri per bocciare o promuovere uno
studente. Cosa ne pensa? «Come commissario non posso dare un parere
sulle misure prese dagli Stati membri, poiché spetta a loro
scegliere cosa fare. È vero però che la violenza e il bullismo sono
stati al centro di numerosi progetti dell’Ue e che noi siamo pronti
a sostenere qualunque iniziativa per contrastare questo fenomeno».
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