Il quadro disegnato nel rapporto dell'Ocse
sull'istruzione
Secondo lo studio, i fondi ci sono, ma sono spesi male
Tanti insegnanti, ma pagati male.
E l'Italia non investe sull'università.
Negli atenei ancora pochi fondi e percentuali
troppo alte di abbandoni
Bene invece le elementari, con una spesa superiore rispetto agli
altri Paesi
la
Repubblica 9.9.2008
PARIGI - Tanti insegnanti, ma sottopagati; pochi investimenti negli
atenei; studenti universitari che in percentuali altissime non
arrivano alla laurea. E' la poco confortante fotografia
dell'istruzione secondaria e universitaria italiana così come viene
scattata dal rapporto annuale elaborato dall'Ocse. Si salva la
scuola elementare, dove l'Italia investe di più rispetto alla media
degli altri paesi, e ha buoni risultati.
Molti insegnanti, pagati
poco. "Nel settore
dell'istruzione secondaria l'Italia spende molto denaro, paga però
molti professori dando loro uno stipendio molto basso", spiega
Andreas Schleicher, responsabile delle ricerche sull'istruzione
dell'organizzazione internazionale. "La spesa - precisa il
ricercatore - non è il difetto principale dell'Italia". Che anzi,
per quanto riguarda la scuola primaria investe più risorse della
media Ocse (6.835 dollari per alunno contro 6.252) mentre per la
scuola secondaria è in linea con la spesa degli altri stati membri
(7.648 dollari contro 7.804). Il vero problema dell'Italia è invece
"come vengono spesi" i fondi elargiti dallo Stato. "Esattamente il
contrario - aggiunge Schleicher - di quanto fa, ad esempio, un paese
come la Corea del Sud", dove il numero dei professori è minore e il
loro stipendio è più consistente.
Meno ore di lezioni.
Se i salari degli insegnanti sono inferiori alla media Ocse (un
maestro elementare con 15 anni di esperienza guadagna circa 29.287
dollari, in sesta posizione secondo la media rilevata
dall'organizzazione internazionale) e crescono meno (11 per cento
tra il 1996 e il 2006 contro il 15 per cento della media Ocse) i
carichi di lavoro sono "relativamente bassi". Gli insegnanti della
scuola primaria, ad esempio, svolgono 735 ore di lezione l'anno
contro le 812 della media Ocse. Ma gli alunni tra i 7 e 14 anni
stanno in aula più ore: 8.000 rispetto alle 6.907 della media dei
paesi membri dell'Ocse: solo in Cile si studia di più che in Italia,
con 9.000 ore.
Rimandati in scienze.
Tallone d'Achille della scuola italiana continuano a essere le
materie scientifiche, nelle quali gli studenti risultano
svantaggiati rispetto ai coetanei europei a partire dai 15 anni.
L'indice P.i.s.a. che misura il rendimento in queste materie per
l'Italia è fermo a 475 punti, contro i 500 della media Ocse e i 563
dei primi della classe, i finlandesi.
Troppi abbandoni
all'università. Per quanto
riguarda l'università, il documento evidenzia invece il permanere
dei difetti storici: altissimo tasso d'abbandono (primo tra i paesi
Ocse) e indici di spesa per studente universitario (8.026 dollari)
di molto al di sotto della media Ocse (11.512). In fatto di laureati
e specializzati, l'Italia si colloca al di sotto della media di Cile
e Messico, in una posizione che la vede in coda alla classifica
insieme a Brasile, Turchia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Bene le lauree brevi.
Il problema dei tanti giovani che non arrivano a terminare gli studi
è stato però in parte risolto grazie alla riforma del 2002 che ha
introdotto i corsi di laurea breve. Oggi solo il 19% dei 25-34enni
italiani possono vantare un diploma di laurea contro il 33% della
media Ocse, ma il tasso di laurea dei nuovi studenti è passato dal
17% del 2000 al 39% del 2006.
Pochi stranieri nei nostri
atenei. Il risultato
complessivo è comunque che i nostri atenei hanno una scarsissima
capacità di attrarre studenti stranieri. L'Italia occupa infatti una
posizione relativamente bassa della classifica. Se, infatti, gli
Stati Uniti si confermano il paese che più attrae con il 20% delle
preferenze - seguiti da Gran Bretagna (11,3%), Germania (8,9%),
Francia (8,5%) e Australia (6,3%) - l'Italia si deve accontentare
dell'1,7%. Come la Spagna.