LE
TESTIMONIANZE
«Noi, i pendolari della cattedra».
Le storie di tanti insegnanti che dal Sud si
trasferiscono
nei pensionati del nord sperando in una chiamata
Ambra Craighero Il Corriere della Sera,
11.9.2008
MILANO – È la corsa contro il tempo dei
supplenti, per acciuffare una cattedra saltuaria, per poche ore o
per qualche settimana. I più fortunati, riescono a raggiungere il
miraggio dell'insegnamento al nord per qualche mese o per una
supplenza annuale, vale a dire da settembre a giugno. L'unica
certezza della supplenza annuale è poi possibilità di richiedere un
assegno di disoccupazione pari 700 euro, per i due mesi di
inattività, luglio e agosto. Per poi ripartire a settembre con una
nuova annuale.
CATEGORIA IN BILICO -
Con queste premesse, si gioca il futuro di una categoria in bilico,
dopo anni in sacrifici e studi, con il conseguimento di diverse
abilitazioni e specializzazioni, per uno stipendio di 1.200 euro al
mese. E sono in tanti al Sud a pensare che l'insegnamento non sia
una professione di ripiego, ma anche una cartina da tornasole contro
la disoccupazione. Le storie sono tante. Spesso con la stessa
sinossi. Come quella di Rocco Trifiglio, insegnante di italiano e
storia, 31 anni, originario della Calabria: «Il telefono non squilla
e io sono qui ad aspettare una chiamata diretta dai presidi. L'anno
scorso ho insegnato a Cesano Maderno, in provincia di Milano, ma non
dimenticherò mai i viaggi che ho fatto di notte in autobus per poter
insegnare, anche solo qualche settimana. Pensavo di essere l'unico,
invece eravamo in tanti sulle corriere».
VIVERE ALLA GIORNATA -
Poi, c'è Antonio Gallo, 40 anni, della provincia di C0senza. «Per
fortuna sono stato chiamato dal provveditorato e ho una supplenza
annuale a Curno in provincia di Bergamo, anche se non posso sentirmi
sereno. Mia moglie, Patrizia Alfano, insegnate di lettere è in ansia
per una chiamata che non arriva». «Sappiamo bene che non avremo mai
la certezza di riuscire ad avere un incarico per l'anno successivo -
aggiunge Gallo – , ma ci siamo trasferiti da Cosenza perché non
c'erano cattedre libere. Abbiamo un figlio di 4 anni e un solo
stipendio da 1200 euro. Paghiamo un affitto di 600 euro al mese e
viviamo alla giornata».
PERIFERIE AMBITE -
Sulla stessa barca molti altri docenti, che alle supplenze annuali
hanno fatto l'abbonamento. Vivono da precari e consapevolmente. «Il
mio disagio è di tipo economico – racconta Salvo Polizzi, un vivace
palermitano di 34 anni, insegnate di sostegno dell'Istituto Lagrange
di Quarto Oggiaro, una delle periferie più disagiate di Milano –, ma
è anche la mancanza di continuità didattica mi pesa. È dal 2004 che
insegno nella stessa scuola e il motivo è uno solo: nessuno vuole
venire qui, ai bordi della periferia». È così che le periferie
diventano ambite. La posta in palio è una probabile riconferma negli
anni successivi. Poi ci sono gli stratagemmi per arginare il caro
vita delle città settentrionali. «Per risparmiare, vivo a Vigevano –
continua Polizzi – . Mi alzo alle 6 del mattino per raggiungere in 2
ore e mezza Milano, altrimenti con 1200 euro al mese sarebbe
impossibile condurre una vita appena decente».
L'ULTIMO ANELLO DELLA CATENA -
Anche i pensionati e i convitti in questi giorni sono completi.
«Molti dei miei colleghi sono qui per trovarsi una sistemazione –
dice Samuele Tieghi, 37 anni, insegnante di italiano a Morbegno, in
provincia di Sondrio -, e magari per qualche giorno riescono a
insegnare. È un via vai, ma è meglio di niente». L'ultimo anello
della catena sono gli insegnati ad ore. «Due anni fa, sono partita
di notte dalla provincia di Lecce – spiega Sonia D'Avanzo 32 anni -
per insegnare solo 8 ore. Lo scopo era di incrementare il punteggio
con 2 punti e poi, dopo due giorni, sono rientrata in Puglia. Oggi
sono in attesa di una chiamata da parte di qualche polo scolastico e
per qualche giorno, consumo la mia attesa in un pensionato». Ognuno
si salva come può.
Ambra Craighero
11 settembre 2008
È ORA DI MIGRARE -
Da molti anni, in questo periodo, si assiste a una vera e propria
«transumanza» dei docenti meridionali: in media due precari su tre
provengono dal Sud. Ed è proprio in questi casi che la speranza è
aggrappata a una difficile migrazione in città e paesi del
centro-nord, in cerca di una supplenza, anche di poche ore e
saltuaria, pur di racimolare la pagnotta. Ciò accade perché il
numero dei posti di insegnamento ancora liberi non subisce
contrazioni nel nord della penisola, in quanto i docenti
settentrionali non riescono a coprire il fabbisogno. A differenza
del meridione, dove invece ci sono più insegnanti che cattedre
disponibili.
I NUMERI -
Le cifre provenienti dall'Osservatorio sulle graduatorie permanenti
dell'Anief, l'Associazione nazionale degli insegnanti e degli
educatori in formazione sono impietose: il totale degli insegnanti
iscritti è di origine meridionale: sono 160.157, a fronte di 28.286
docenti provenienti dal centro e 42.239 dal nord Italia. Tra le
regioni del sud spiccano la Campania con 49.810 insegnanti e la
Sicilia con 46.901. La fotografia di un Paese a tre velocità.
LONTANO DA CASA -
La flotta dei precari è composta da docenti che hanno alle spalle
anni di insegnamento, in diverse abilitazioni e specializzazioni
universitarie, ma sono costretti ad abbandonare la famiglia, i
rispettivi compagni e figli, a bruciare lo stipendio di 1.200 euro
mensili in viaggi aerei, abbonamenti ai servizi pubblici,
carburante, alloggio e vitto, pur di supplire ai vuoti registrati
nelle province settentrionali. E questa è l'unica soluzione
praticabile.
LA MARCIA SILENZIOSA -
«La marcia silenziosa del Sud è composta da servitori dello Stato –
dice Marcello Pacifico, presidente Anief – e non tutti hanno una
supplenza annuale. Oggi avere una supplenza annuale significa essere
dei privilegiati del precariato, perché molti docenti sono in attesa
di una chiamata che non verrà». Anche se è dalla fine di agosto che
i Centri servizi amministrativi (ex provveditorati agli studi)
stanno vivendo un mese di fuoco, e affinché le lezioni possano
iniziare regolarmente, con quasi tutti i docenti in classe ad
accogliere gli alunni. La presenza dei supplenti precari nella
scuola italiana è di una cattedra su sei.
PRECARI «PERMANENTI» -
Il divario tra la richiesta del nord e l'offerta del sud è sotto gli
occhi di tutti. «Il colmo è che al
nord non si trovano più insegnati -
dice Rino Di Meglio
Coordinatore nazionale della
Gilda, il sindacato indipendente dei comitati di base degli
insegnanti - e negli ultimi 15 anni
è mancata una seria pianificazione e un regolare reclutamento».
Le scuole in questi giorni stanno tornando ad affollarsi. In alcune
regioni, come la Lombardia, le lezioni sono riprese già dall'8
settembre. In altre si apprestano a cominciare. Ma i volti dei
precari sono quasi sempre gli stessi. Si incominciano anche a vedere
i segni del tempo. Molti hanno passato la quarantina, hanno i
capelli brizzolati e sono stanchi prima ancora di cominciare,
sapendo che le graduatorie dove sono in lista per cogliere una
supplenza si chiamano «permanenti».