A Napoli nessuna chiamata per i precari

“Ci ha già cancellati
che sarà di noi?”

Flavia Amabile La Stampa, 4.9.2008

A Napoli quest’anno i maestri precari restano precari. Non ce n’è uno che abbia avuto una supplenza annuale: quando pochi giorni fa sono stati pubblicate le tabelle con le assegnazioni, sono rimasti senza parole: nemmeno un posto. Precari erano, precari resteranno. Erano 400 nel 2007, avevano avuto un incarico da settembre a giugno, ma avevano lavorato. «Ora nulla, in 400 restiamo a casa».

Luisa Prisco è una di loro. Ha 35 anni, vive a Somma Vesuviana, hinterland napoletano. In 10 anni di precariato è riuscita a mettere al mondo due figli, la prima di otto anni, il secondo di due. All’improvviso il suo stipendio si è volatilizzato. «Per fortuna almeno mio marito lavora, ma non è giusto cancellarci così come se non esistessimo. Persino quando si è trattato di fare le ultime correzioni hanno preferito trasferire chi non era a Napoli, e per i precari ancora una volta nulla».

Luisa e le altre maestre e maestri cancellati dagli elenchi si rendono conto di non avere speranze e che l’anno prossimo andrà ancora peggio, e fra due anni pure. «Ora arriva il maestro unico: se prima erano tre, ne resta uno. E gli altri due? E’ chiaro che ci saranno sempre meno posti, è chiaro che si andrà verso il blocco delle assunzioni. E io e tutti gli altri che cosa dobbiamo fare? Cambiare lavoro?».

Un’alternativa ci sarebbe, Luisa lo sa perché già una volta ha fatto le valigie ed è andata a insegnare al Nord. Era l’autunno 2004. «Mia figlia aveva tre anni e mezzo, per fortuna andava all’asilo. Ogni domenica la salutavo e partivo. Lei restava con mia mamma dopo l’asilo e con mio marito quando tornava a casa dal lavoro. Non è stato facile sparire così da una bambina così piccola. E alla fine i soldi li spendevo tuper viaggiare e vivere. Perché sono andata? Perché me lo avevano consigliato: se resti qui, non hai l’incarico».

Sarebbe stato più logico trasferirsi tutti e sperare di diventare di ruolo, come hanno fatto buona parte dei nuovi arrivi nelle scuole materne di Napoli. Molte giovani, probabilmente senza figli, hanno insegnato nelle scuole del Nord quanto bastava per entrare nell’organico definitivo. Quest’anno hanno chiesto il trasferimento e potranno insegnare nelle scuole della loro città. «Anche se hanno molti anni di insegnamento in meno rispetto a me e rispetto a tante altre di noi. Noi non potevamo partire: ma mio marito aveva un lavoro, qui abbiamo la casa, non ce la siamo sentita».

E’ anche così che si diventa precari e si finisce in una casella vuota. Pensi ai tuoi figli, a tuo marito, fai un po’ di conti e nel frattempo lo Stato, più veloce, ti sconvolge i calcoli e ti toglie lo stipendio.

Quest’anno, invece, non le aveva avvertite nessuno Lucia e le altre. Erano abbastanza tranquille. «L’anno scorso ho insegnato in una quarta elementare. Matematica, inglese e musica per 22 ore la settimana più altre due di programmazione. Si erano affezionati a me, i miei alunni». Ma il distacco, quello almeno, è messo nel conto del maestro precario. Lo sa che deve imparare i nomi di tutti a settembre e dimenticarli a giugno. I problemi iniziano quando il settembre successivo non ha più nomi da imparare.

Luisa ha girato tante scuole dell’hinterland napoletano. «Ho iniziato in una scuola paritaria, ma ci sono restata solo per un anno. Avevo tutti i requisiti per entrare in graduatoria e diventare di ruolo, sono passata alle scuole pubbliche. Ha insegnato ai bambini di Ponticelli, zona ad alto tasso di camorra, dove a maggio per risolvere il problema dei rom hanno pensato bene di dare fuoco al loro campo. Ha insegnato a San Giuseppe Vesuviano ed a Ischia. «Quando si ha a che fare con classi di questo tipo, ci si fa un’esperienza che nessun punteggio potrà mai valutare».

E adesso? «Potremmo fare ricorso, ma passerebbero anni prima di ottenere una sentenza. Qualcuno ci dice che esiste un progetto pubblico da 30 mila euro che permetterebbe a molti di lavorare, ma ho grossi dubbi che possa andare in porto. Per ora sto facendo dei tentativi nelle paritarie. Ma chi toglierebbe il posto a qualcuno per darlo a me?».

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