Sul web il tam tam dei precari che rischiano la cattedra “E noi boicottiamo gli scrutini". La Stampa, 1.9.2008 Barletta, gli scrutini che «saltano». A Mestre, gli esami boicottati. Proviamo a immaginare la scena. L’alunno, dopo aver studiato l’estate, si presenta per saldare il suo «debito formativo». Dietro la cattedra, però, non trova l’insegnante che l’aveva «rimandato», bensì un nuovo docente. Ovvero: un perfetto sconosciuto. «E il mio professore dov’è?», domanda l’alunno. «Non c’è: ha boicottato l’esame», gli rispondono. Immaginiamone un’altra. Dovendo decidere poi della promozione, gli insegnanti precari, pur presenti fisicamente, rifiutano di partecipare agli scrutini. E’ quello che accadrà, la prossima settimana, al liceo scientifico Cafiero di Barletta, dove ben tre insegnanti hanno deciso di sabotare e boicottare: «Vogliamo creare maggior caos», spiega Benedetto Pizzolla, 32 anni, insegnante di storia e filosofia, «e quindi non avvertiremo il preside, che non può sostituirci: entreremo in consiglio, ci saremo fisicamente, ma non presenzieremo agli scrutini. Il preside dovrà trovare una soluzione all’istante. È una forma di sabotaggio, a tutti gli effetti. La nostra protesta non intende colpire tanto i tagli, che si verificheranno a breve, quanto l’innalzamento della mobilità dei docenti di ruolo, che, di fatto, ha sottratto cattedre ai precari. D’altronde, per questi scrutini, non abbiamo ancora alcun contratto». Boicottaggio e sabotaggio: è questa la protesta montante degli insegnanti precari. Che non riguarda soltanto gli esami di riparazione, ma anche gli scrutini per le cosiddette promozioni sospese. Il tam–tam che viaggia nella rete, sui siti internet organizzati dagli insegnanti precari, sta dando qualche risultato. C’è chi, come Francesca Serraglio, ha «boicottato» gli esami di riparazione nella sua scuola di Mestre. Precaria dal 1998, 41 anni, Francesca insegna spagnolo in due scuole: «In una non mi sono presentata per gli “esami di riparazione”. Per protesta. Non ritengo giusto un sistema che recluta il docente dal 1° settembre al 30 giugno, mese in cui lo licenzia, e poi, come nel mio caso, mi comunica che “devo” essere presente per i debiti formativi: perché “devo”? Dopo 10 anni che lavoro senza certezze, che passo da una scuola all’altra. La scelta m’è pesata: per i miei alunni sarebbe stato meglio incontrare la loro docente. Ma lo rifarei. Perché protesto contro lo smantellamento della scuola pubblica». Si protesta in ordine sparso. E quantificare la partecipazione è quasi impossibile: «Il punto – spiegano in tanti – è che in molti casi, nello stesso giorno previsto per gli scrutini, o per gli esami di riparazione, i provveditorati hanno fissato l’appuntamento per le nomine annuali». E cioè: molti insegnanti precari devono scegliere: o esaminano i loro alunni, oppure si presentano all’appuntamento per ricevere un nuovo incarico. «Esatto. E’ impossibile, in questo modo, sapere chi non s’è presentato per protesta e chi, invece, per andare a ricevere un altro incarico. Diciamo che lo Stato, in questo caso, s’è boicottato da sé».
Anche Fabrizio Puca, 40 anni, professore di
filosofia e storia, ha deciso di «boicottare» gli scrutini nel liceo
di Barletta. Licenziato a giugno, riassunto per un paio di giorni,
ha scritto questa lettera al suo preside. «Gentile professore, non
sarò presente ai prossimi consigli di classe di settembre (…) per
discutere la situazione degli alunni, la cui promozione è stata
sospesa a giugno». Spiega che si tratta di «un gesto di protesta
meditato, con una precisa valenza politica», e che non ha nessun
problema con il liceo Cafiero. «Intendo protestare (…) contro i
meccanismi che regolano il reclutamento e la mobilità dei docenti
(…) Per quale motivo dovrei partecipare, all’inizio di settembre, a
consigli di classi che non sono più mie? Se noi precari non
serviamo, se rappresentiamo uno “spreco” da eliminare, non vedo
perché ci si chiede di svolgere dei compiti in scuole in cui non
siamo più in servizio». Poi ha messo la sua lettera in rete. E per
questa volta, se qualcuno copia, il professore non avrà nulla da
ridire. Anzi. |