Il maestro unico riporta Anna Gagliardi, La Nuova Venezia , 15.9.2008
Il mondo della scuola è profondamente sconvolto
dal decreto legge della ministra Gelmini che va a stravolgere
completamente la collaudata organizzazione ormai più che ventennale,
che ha portato la scuola elementare italiana ai primi posti nel
mondo. Quest'ottica inclusiva negli anni ha creato e costruito per tutti gli alunni una didattica attenta ai diversi tempi e modi d'apprendere perché ogni alunno è «diversamente abile». Pensiamo, poi, alle numerose classi di oggi con la presenza massiccia di alunni stranieri e di alunni con disagio sociale, tutti soggetti bisognosi spesso di attenzioni particolari e di strategie d'insegnamento pensate e costruite collegialmente. Come per gli alunni, tutti «diversamente abili», anche noi insegnanti abbiamo tutti diverse abilità, propensioni, preparazioni, esperienze, strategie e metodi, che solo se messe assieme possono arricchire enormemente l'insegnamento e la qualità delle relazioni umane in classe. La sottoscritta, che in classe ci sta tutti i giorni, sa che il lavoro quotidiano delle insegnanti a modulo o a tempo pieno prevede poche, ma preziosissime, ore di compresenza che permettono di attivare laboratori, lavorare in sottogruppi per rinforzare o approfondire, fare uscite didattiche nel territorio, a musei, a teatro, organizzare percorsi ad hoc per gli alunni che ne necessitano. Forse la ministra Gelmini, che chiaramente in una classe non è mai entrata, pensa che s'insegni come quarant'anni fa, con lezioni frontali, il libro davanti, i bambini che ascoltano l'insegnante leggere sempre lo stesso libro di testo con il quale insegna loro a scrivere, leggere e a far di conto! Non occorre essere dei geni per capire che un maestro unico che volesse insegnare bene ai suoi 25 bambini, tutti «diversamente abili» (disabili, stranieri, casi sociali, figli di separati, depressi, iperattivi, e a tutti gli altri alunni che hanno altrettanti diritti), tutti con stili d'apprendimento diversi, in 24 ore d'insegnamento, senza la possibilità di confronto e riflessione, non potrebbe che ridurre al minimo i programmi e fare il proprio lavoro alla «meno peggio».
Se il meno peggio è quello che vuole la Gelmini,
non è quello che vogliamo noi insegnanti, i genitori e la società
civile stessa che vedrebbe abbassarsi in breve tempo la formazione
di base delle future generazioni e l'esclusione dai processi di
formazione di moltissimi alunni, che per i più svariati motivi
sarebbero considerati «diversamente abili». |