Dagli
«orsetti» leghisti ai minori in tuta bianca.
E c'è chi li mette nei calendari
La polemica Il finto sdegno dei politici.
Quando Togliatti disse del piccolo D'Alema: è un nano
L'uso bipartisan dei bimbi in piazza
Dagli «orsetti» leghisti ai minori in tuta
bianca. E c'è chi li mette nei calendari
Gian Antonio Stella Il Corriere della Sera,
19.10.2008
Giù le mani dai bambini. Ha ragione la destra,
a scandalizzarsi per i piccini portati in piazza dalla sinistra a
manifestare contro Mariastella Gelmini: non si fa. Che «la grande
novità della contestazione studentesca stia proprio nei
baby-scioperati», però, è una balla grande quanto la bolla di sapone
da 32 metri con cui Alan McKey entrò nel Guinness dei primati.
L'hanno sempre fatto, purtroppo, tutti. A partire da chi oggi si
indigna.
Un esempio? Maurizio Gasparri. Ieri ha
tuonato: «C'è molta malafede in
queste contestazioni. Trovo sgradevole l'uso dei bambini nelle
manifestazioni. È sbagliato strumentalizzare e disinformare i
bambini portandoli nei cortei. È una cosa gravissima e chi lo fa è
un cattivo genitore». Bene, bravo, bis. Peccato che una bella foto
lo immortali con la figlioletta al «family day». Dirà: era un'altra
cosa. Giusto. Ma al di là delle distinzioni, la bambina aveva un
«pass» personale per l'accesso al «backstage » con la voce
appartenenza riempita così: «Alleanza Nazionale ». Come fosse
un'esponente politica (in miniatura) venuta lì a fare politica per
un partito. Sia chiaro: non è una polemica solo italiana. Per citare
un solo episodio, val la pena di ricordare la Marcia dei Bambini
organizzata anni fa dal Children's Defense Found a Washington per
protestare contro una serie di tagli. La Coalizione per i valori
tradizionali fu durissima. E accusò gli organizzatori di essere dei
«disonesti » che strumentalizzavano «l'amore per i bambini ai fini
di gonfiare le dimensioni e il potere del governo federale ». Né si
può dire che anche da noi le tradizioni non siano antiche. Ve li
ricordate i pionieri comunisti? Erano così indottrinati che quando
Palmiro Togliatti sentì l'infante Massimo D'Alema rivolgere il
saluto al congresso sbottò: «Ma questo non è un bambino: è un nano!
».
E i manifesti elettorali della Dc
nel dopoguerra? In uno,
terrorizzante, una bimbetta scappava davanti ai cingoli del carro
armato russo con lo slogan che barriva: «Salva i tuoi figli!». Un
altro mostrava uno scolaretto col grembiulino che arringava i
compagni di classe: «E se papà e mamma non andranno a votare noi
faremo la pipì a letto!». Insomma, molto prima che Il Giornale
sparasse ieri mattina il titolo «Che rabbia quei bimbi in corteo» e
pubblicasse un commento sdegnato («Allora, mammine evolute che per
le creature cercate la merendina "bio" e lo zainetto-trolley: siamo
sicuri che l'esperienza del corteo sia così edificante?»), l'uso dei
piccoli come testimonial politici di freschezza, gioventù, pulizia
era già stato provato mille volte.
E se resta indimenticabile il corteo
del 1˚ maggio 1969 per le strade di
Milano, con decine di bimbi coi cappottini che portavano al collo il
fazzoletto rosso e reggevano il «libretto rosso» maoista sotto le
bandiere dell'Unione dei comunisti marxisti leninisti, sarà
difficile scordare anche il «Baby club» azzurro fondato nel '94
dalla figlioletta di Maria Pia Dell'Utri: «Mi ha detto: "Mamma,
posso essere anch'io presidente di un club di Forza Italia per
bambini?" E io: "Ma certo amore, è una splendida idea, chissà come
sarà contento papà" ». Strepitosa la motivazione: «La bambina ha
voluto uno striscione con scritto "Silvio facci sempre vedere i
cartoni", ha raccontato la mamma alla ragazza che la intervistava
per il giornale dei quartieri, "Roma circoscrizione". La signora ha
poi spiegato che i bambini temevano che se Berlusconi avesse perso
le elezioni loro non avrebbero più avuto cartoni animati in tv». I
Radicali, ad aprire un loro congresso, piazzarono una scricciola
(«tesserata di quattro anni», annotò ironico Filippo Ceccarelli) che
si chiamava Altea: «In un bel vaso di porcellana/ era rinchiusa una
bella cinesina/ che danzava una danza americana/ con il capitano
della Marina». Quindi cinguettò in un diluvio di applausi: «Ciao e
buon congresso». «Cari genitori, mi permetto di chiedere il vostro
sostegno alla mia candidatura...», scrisse qualche anno fa ai papà e
alle mamme dei suoi scolari Maria Paola Marinari, maestra elementare
e candidata diessina. «È più bello nascere se si è desiderati»,
diceva un cartello sorretto da due bambine portate dalla mamma a una
manifestazione a fav ore del l'aborto a metà degli anni Settanta.
E come spesso accade in politica,
i casi di chi mostra di avere due pesi e due misure sono
frequentissimi. Uno per tutti, quello di Alessandra Mussolini. Prima
schifata dall'aver letto che Ugo Gregoretti ed Ettore Scola stavano
preparando per il suo avversario, Antonio Bassolino, uno spot con
una specie di «"talk show" con bambini e bambine». Poi soavemente
serena nel dire a Klaus Davi che no, «non ci possono essere tabù»
all'idea di portare le scolaresche in gita scolastica sulla tomba
del Duce a Predappio: «I miei figli è chiaro che li ho portati».
Sempre lì torniamo: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Vale
per la sinistra radicale, che a una manifestazione contro il G8
arrivò a mandare incontro ai poliziotti schierati un bambino sul
monopattino con la «tuta bianca » dei più accesi contestatori.
Vale per Silvio Berlusconi che non
resistette alla tentazione di
giocare con le scolaresche chiedendo: «Lo sapete l'inno di Forza
Italia?». Vale per An che in polemica col Bossi secessionista fece
sfilare bambini con la maglietta che diceva «Io sono italiano». Vale
per la Lega, che si è inventata gli «orsetti padani» e fa sfilare i
figlioletti con le bandiere col sole delle Alpi e sul palco di
Pontida affidò il microfono alla piccola Jessica perché, foulard
verde al collo, intonasse il Va pensiero. Vale infine per la destra
fascista, che nel solco della propaganda mussoliniana, la più
spregiudicata di tutte con quella bolscevica nell'uso dei fanciulli,
è arrivata a fare il nuovo calendario 2009 di Forza Nuova con un
balilla che fa il saluto romano
O a girare un video, finito su
Youtube, in cui un baby squadrista
di sei o sette anni, teso il braccio fascista, canta: «Le teste
rosse cominciano a cadere / sono tornate le camice nere / sono
tornate con spranghe e manganelli / son tornati per l'amor dei miei
fratelli / boia chi molla, un grido di battaglia / boia chi molla,
là dove si scaglia / questa è la storia di un piccolo fascista / che
ammazzò quel bastardo comunista ». Si dirà, a sinistra e a destra e
al centro, che ogni papà ha diritto a educare il figlio come vuole.
Contro Mariastella Gelmini o contro i «terroni», contro i sindacati
o contro i comunisti. E c'è chi in nome della libertà educativa ha
teorizzato perfino l'apertura di scuole di destra per i bambini
figli di genitori di destra e di sinistra per i bambini figli di
genitori di sinistra. Ma non sarà il caso che, su questo punto,
facciano tutti un passo indietro?