Contro la “riforma Gelmini”/1.
Quale riforma?

da TuttoscuolaNews, N. 365, 27 ottobre 2008

La parola d’ordine è una sola: guerra alla “riforma Gelmini”. Ma c’è una “riforma Gelmini”? Nel linguaggio corrente sì, perfino l’autorevole editorialista del Corriere della Sera Sergio Romano intitola la sua rubrica di corrispondenza con i lettori di sabato scorso “Dubbi sulla riforma Gelmini. Ma occorre cambiare”.

Ma una vera e propria “riforma Gelmini” non c’è, a meno di riferirsi un po’ riduttivamente al ripristino del maestro unico nella scuola primaria, che comporta un ripensamento dell’organizzazione e della didattica a questo livello di scuola. In realtà quando i media (e i cortei di studenti e anche di insegnanti) parlano di “riforma Gelmini” intendono alludere alla filosofia di sfondo che sta dietro l’azione svolta dal governo nel suo insieme, specialmente dai ministri Tremonti e Brunetta, per quanto riguarda l’efficienza della pubblica amministrazione in generale e quella di scuola e università in particolare (da notare che sono entrambi professori universitari) e i risparmi che se ne vogliono ricavare.

Vien da pensare, come sospetta anche Sergio Romano, che una delle ragioni per le quali sta montando ancora una volta il cosiddetto “movimento” sia la paura del cambiamento. Quella paura che ha indotto governi di tutte le tendenze, della prima come della seconda Repubblica, a mediare, rinviare, snervare tutte le decisioni innovative di portata strategica: basti pensare alla valutazione degli insegnanti (e dei dirigenti scolastici), alla riforma degli ordinamenti dell’istruzione secondaria superiore, al mancato varo di un vero sistema di istruzione tecnica superiore parallelo a quello universitario. E, per quanto riguarda l’università, alla assurda proliferazione delle sedi, dei corsi di laurea e degli insegnamenti.

Riforma o non riforma, sarà bene entrare nel merito delle cose da fare. Altrimenti resteranno solo i tagli.