Lettera a Brunetta.

 Michele Sandre, 12.10.2008.

Signor Ministro Brunetta,

Le scrivo accogliendo l'opportuna sollecitazione di un collega, dal momento che l'indignazione perché abbia un senso deve esprimersi, individualmente oltre che collettivamente.

Lei non sa che cosa dice, quando dichiara che il lavoro degli insegnanti è "part time". Evidentemente non ha passato la gran parte dei pomeriggi, le domeniche, le serate, anche qualche nottata, a postillare errore su errore, compito su compito, pacco su pacco, per degli alunni non di rado propensi a dar poco peso al lavoro dell'insegnante.
E gli alunni considerano poco i docenti anche perché oggi (Presidente del Consiglio docet), si è stimati in proporzione ai soldi che si guadagnano (il modo in cui questi si siano ottenuti, poi, è fatto irrilevante, anzi - secondo una sensibilità diffusa - più uno è "furbo", più viene considerato un modello da invidiare e da imitare).

Gli alunni (e le rispettive famiglie) "snobbano" i docenti anche perché, al di là di vuote dichiarazioni, di fatto l'attuale governo (mica solo Lei, signor Ministro Brunetta, che ha unicamente il pregio-difetto di essere più sincero) sta dimostrando coi fatti di disprezzare gli insegnanti e di lavorare per svuotare la scuola di Stato. Anzi la distruzione della scuola di Stato passa prima di tutto attraverso il disprezzo del lavoro degli insegnanti (aumento di orario, aumento di alunni per classe, aumento di incombenze, aumento di responsabilità penale e civile, diminuzione della professionalità anche a causa della "semplificazione" delle classi di concorso, licenziamenti, reclutamento a discrezione del dirigente, diminuzione costante e sensibile del potere reale d'acquisto dello stipendio).

E' vero, certamente, tuttavia, che l'aziendalizzazione della scuola non è stata solo la Sua parte politica, signor Ministro, a perseguirla, e probabilmente neppure ad iniziarla.
Ritornando però alla Sua infelice espressione, il "part time", signor Ministro, avrà avuto a che fare, invece, forse, con la sua attività di professore universitario. Ma nessuno di noi umili docenti di scuola, dell'infanzia (e sezioni primavera), della primaria, della secondaria, di primo e di secondo grado, è così in mala fede, o così sprovveduto, da pensare che un professore universitario lavori solo il tempo in cui è davanti agli studenti, in cattedra o negli esami (45' minuti netti, forse anche meno, per tre giorni alla settimana (a cui aggiungere qualche mattina, o pomeriggio, ogni tanto, per gli esami), e per quanti mesi?).

Col tempo si cambia, qualche volta. Le auguro dunque di diventare non dico più giusto, ma se non altro un po' meno superficiale (questo soprattutto per il nostro bene).

Distintamente.

Michele Sandre, prof. di Lettere in pensione - Vercelli