Stipendi pubblici, maglia nera alla scuola. di Anna Maria Sersale Il Messaggero, 18.11.2008 ROMA (18 novembre) - Un professore guadagna meno di un vigile del fuoco e meno di un impiegato ministeriale. Ma anche meno di un poliziotto, di un militare e di un dipendente del servizio sanitario nazionale. Lo rileva la Ragioneria generale dello Stato nell’ultimo rapporto che mette a confronto gli stipendi. Ma come mai nella scala delle retribuzioni pubbliche gli insegnanti sono gli ultimi? Come mai le carriere promesse da un decennio restano un miraggio? «Sugli insegnanti non si investe, c’è un grande equivoco, si dà poco alla scuola perché le si chiede poco, salvo rinfacciarle di non essere all’altezza di formare giovani competitivi», con amarezza Gigliola Corduas, presidente della Federazione nazionale degli insegnanti, spiega l’umiliazione di chi ogni giorno sale in cattedra con «stipendi da fame». «Con una retribuzione annua di 26.525 euro il personale scolastico nell’anno 2007 ha la media più bassa del comparto pubblico, inferiore anche alla media degli impiegati ministeriali, che hanno 27.997 euro l’anno, e inferiore alla media dei vigili del fuoco, 28.035. All’estremo opposto rispetto ai docenti ci sono i magistrati, che guidano la classifica con 119.879 euro lordi l’anno». Ma ecco un altro dato che evidenzia quanto gli insegnanti siano i più penalizzati: la media degli stipendi pubblici, che è di 31.694, è di 5.169 euro l’anno maggiore rispetto alla loro. Le cifre, quanto mai eloquenti, sono della Ragioneria generale dello Stato e sono contenute nell’ultimo conto annuale che mette a confronto le retribuzioni della pubblica amministrazione nel triennio 2005-2007. Gli insegnanti italiani, dunque, non solo guadagnano meno dei colleghi stranieri, 26.525 euro lordi in media l’anno contro i 34.800 della media Ocse, sono anche il fanalino di coda del pubblico impiego in Italia. Nonostante l’alto valore sociale e strategico della loro professione sono i più poveri tra i dipendenti statali e in pratica sono stati sorpassati da tutti. Nei ministeri, per esempio, tra il 2005 e il 2007 un dipendente su due ha ottenuto un avanzamento. «Rispetto al totale della spesa pubblica per la scuola si spende troppo poco - sostiene Massimo Di Menna, segretario nazionale della Uil scuola - Siamo al di sotto della media Ocse, spendiamo il 4,4% del Pil rispetto al 5,1%». Per Di Menna è «un problema di scelte politiche, si ragiona in termini ragionieristici, non è mai stato considerato il sapere come elemento fondamentale per la ripresa e per la competitività». «L’insegnante non è stato considerato un professionista, non è stato valorizzato - sottolinea il segretario Uil - Si è guardato di più agli aspetti burocratici che alla qualità. E alla scuola, nei contratti, l’ultimo è scaduto a dicembre, si dà soltanto la copertura dell’inflazione, copertura che è sempre più bassa. Risultato: il potere d’acquisto del salario si va progressivamente riducendo».
Finora non sono state approvate neppure le
proposte di defiscalizzare alcuni “consumi” dei docenti, dai libri
al cinema, al teatro, al museo che dovrebbe essere gratuito.
Significa che anche un minimo di aggiornamento culturale pesa sulla
busta paga, che, in media, per un insegnante con dieci anni di
servizio oscilla intorno ai 1.400 euro. Il governo Berlusconi ha
detto che metterà mano alla materia. Ma solo dopo avere riportato un
po’ di ordine nei conti. Anche ieri il ministro dell’Istruzione
Mariastella Gelmini ha dichiarato che «in alcuni casi spendiamo più
degli altri Paesi (39 miliardi di euro l’anno)», «il problema - dice
il ministro - è che la spesa della scuola è fuori controllo». Per il
ministro «spendiamo male» e di quello che spendiamo il 96% è
assorbito dagli stipendi». Per ammissione anche della Gelmini si
tratta però di «stipendi da fame» perché gli «insegnanti sono
troppi». Tanto che in futuro si pensa di averne meno e «meglio
pagati», con aumenti secondo logiche premiali e «non più a pioggia».
«Ai bravi daremo anche 7mila euro l’anno lordi», ha detto la Gelmini.
Ma sui criteri sarà scontro. «E sarà scontro anche sui tempi -
afferma Francesco Scrima, segretario nazionale della Cisl scuola -
Il governo vuole reinvestire nella scuola solo il 30% delle risorse
recuperate con le economie (8 miliardi di tagli) e vuole farlo a
partire dal 2012. Non è accettabile, anche per questo abbiamo fatto
sciopero, ma se non arrivano risposte la mobilitazione continua».
«Ci trattano come dei travet, anzi peggio - sostiene Rino di Meglio,
portavoce nazionale della Gilda - Le carriere sono ferme e siamo gli
unici ad avere scatti secondo un sistema di “gradoni” ogni sei o
sette anni».
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