È
evidente che un Paese che lascia andare in malora le proprie scuole
I tagli e le toppe
A tre giorni dal tragico incidente nel liceo
Darwin di Rivoli, Marcello Sorgi La Stampa, 26.11.2008 Un bambino sfuggito alla sorveglianza della maestra, caduto dal terzo piano della scuola elementare «Cappellini» nella periferia Nord di Milano e ricoverato in coma in ospedale. Allarme del preside dell’Istituto Agrario di Grosseto, per un’infiltrazione da un soffitto (come quella che potrebbe aver provocato a Torino la morte del povero Vito Scafidi e il ferimento di Andrea Macrì), con conseguente fuga all’aperto degli studenti dopo l’arrivo dei vigili del fuoco. Un’altra preside, quella dell’Itis «Porro» di Pinerolo, ha sospeso ieri le lezioni in attesa di garanzie di sicurezza. E ancora: oltre quaranta interventi dei pompieri in Campania, con la chiusura di tre scuole elementari. Per finire, in Puglia - ma il bilancio è provvisorio - con l’allarme per una fuga di gas e sospensione delle lezioni nel liceo di Terlizzi. Una nuova paura si sta dunque affacciando nelle case dei genitori italiani: abituati da sempre a considerare la scuola per i propri figli come un luogo sicuro, affidabile, sorvegliato, scoprono tutt’insieme che somiglia a un cantiere, come quelli in cui, giorno dopo giorno, lavoratori non protetti trovano la morte. La psicosi che si va diffondendo ha un aspetto contingente perché, nella testa delle persone, l’incidente di Rivoli riecheggia quello assai più grave della Thyssen (è di questi giorni l’inizio del processo e l’imputazione di omicidio per i dirigenti della fabbrica). E arriva, per giunta, nel bel mezzo della battaglia studentesca contro i tagli imposti dal governo alla spesa scolastica. Così, è fin troppo facile pensare che una scuola trascurata, privata dei mezzi necessari e in sostanza abbandonata, non poteva non finire, prima o poi, a contare i suoi morti. Ma al di là dell’aspetto irrazionale tipico di un momento di panico, che mette insieme fatti e sensazioni sommandoli indistintamente, il quadro fornito ieri alla Camera dal sottosegretario Bertolaso è davvero preoccupante. Già il fatto che a rispondere in Parlamento si sia presentato il responsabile della Protezione civile, come avviene quando si tratta di calamità, e non quello dell’Istruzione, è indicativo. Bertolaso ha spiegato senza mezzi termini che tutti o quasi i 57 mila edifici scolastici italiani sono a corto di manutenzione, che la spesa necessaria per realizzarla si aggira sui 13 miliardi (più di una volta e mezza l’ammontare dei tagli imposti dal decreto Gelmini), mentre i fondi disponibili al momento sono 75 milioni, e possono bastare a malapena per un centinaio di scuole, quelle messe peggio. In più, stando sempre alla relazione di Bertolaso, grazie a un escamotage di quelli che troppo spesso passano sotto silenzio, la scuola è l’unico luogo di lavoro in cui la normativa per la sicurezza non viene applicata, ma sospesa, così che, non solo gli insegnanti e il personale scolastico, ma gli studenti stessi, ogni giorno entrano nel loro luogo di lavoro sapendo di correre rischi e di doverli affrontare a spese proprie. Secondo dati forniti da «Cittadinanzattiva», associazione impegnata nella difesa dei diritti e attiva sul fronte scolastico, solo il 34 per cento degli istituti hanno il certificato di agibilità statica, solo il 39 per cento l’agibilità igienico-sanitaria e solo il 37 per cento rispetta la normativa per la prevenzione degli incendi. Psicosi, paura e reazioni inconsulte sarebbero giustificate davanti a un quadro del genere. E invece, da cittadini e da genitori, la prima cosa da fare è cercare di tenere la testa sulle spalle. Distinguere, ad esempio, il dolore e il lutto per il ragazzo morto a Rivoli, di cui oggi saranno celebrati i funerali, dalle manifestazioni di protesta.
È evidente che un Paese che lascia andare in
malora le proprie scuole mette una seria ipoteca sul suo futuro. Ma
è altrettanto chiaro che il degrado non è venuto all’improvviso, ed
è anzi il frutto di decenni di abbandono. Se il governo vuole
veramente evitare che dilaghino reazioni di panico, come la giornata
trascorsa ieri nelle aule di mezza Italia lascia temere, ha una sola
cosa da fare: stornare al più presto una parte dei tagli al sistema
scolastico appena decisi e destinarli, se non al restauro, almeno a
mettere qualche toppa nei muri pieni di crepe delle aule italiane. |