Dubbi su classi ponte Pasquale Almirante La Sicilia, 23.11.2008 Anche il Consiglio nazionale della pubblica istruzione ha invitato la ministra Gelmini a fare un passo indietro sul maestro unico e a coinvolgere, per scelte così delicate, esperti anche di opposta formazione politica e culturale. Invito che però sembra ormai più un luogo comune che una vera e propria esigenza per dare vigore alla scuola, soprattutto in tempi di crisi e quando le intelligenze e il sapere servono per trovare nuova possibilità di sviluppo. Ma anche sulle classi ponte, quelle che dovrebbero ospitare i bambini immigrati prima di ammetterli, dopo un esame, nelle classi regolari, non si ascoltano le voci di coloro che hanno studiato nell'intimità il problema e che pongono forti incertezze sulla scelta. Con ogni probabilità il decisionismo abita luoghi distanti dal dubbio che vive invece dentro il crogiolo del dialogo: la parola che interroga sé stessa per ritrovarsi. Strana decisione che il premier definisce "un'innovazione di buon senso da buon padre di famiglia", ma senza crederci, perché allora da buon papà dimostrerebbe di non sapere che l'integrazione, come per i bambini svantaggiati, passa attraverso l'emulazione e il confronto coi coetanei e che una classe con tanti linguaggi, dove questi bambini confluirebbero, allontana perfino l'uso di una sola lingua di riferimento. E non solo, ma lascerebbe capire al resto del mondo la loro diversità speciosa ed etnica che col tempo potrebbe rischiare di fare partire reazioni pericolose.
La pedagogia ha già affrontato la questione
negli anni in cui esistevano le classi differenziali, accanto alle
quali gli altri alunni si soffermavano o per curiosità morbosa nei
confronti dei diversi o per fuggirne per paura. C'è anche un
elemento costituzionale, evidenziato da studiosi del fenomeno
migratorio, che si riferisce alla «posizione di ogni persona nella
società e alla distribuzione delle opportunità», le quali così
verrebbero limitate mentre si alzerebbe un discrimine, una barriera
che già evoca parole perniciose come razzismo. Il riconoscimento
dell'uguaglianza dei diritti e dei doveri degli esseri umani
imporrebbe inoltre di non attribuire agli immigrati, in quanto
stranieri e per lo più poveri, marchi tassonomici autoritari in modo
che siano individuabili, classificabili e quindi pure evitabili come
accadde ai terroni nelle grandi città del nord. |