INTERVISTA

Meloni "Sui tagli si discuta
ma non si tocchi il diritto allo studio"

Antonella Rampino, La Stampa, 5.11.2008

ROMA
La vicenda dell’università è molto complessa. Va affrontata seriamente: come per la scuola, il punto non è la quantità dei tagli, ma come li si fa. Bene se si eliminano gli sprechi, ma non si può toccare il diritto allo studio. E ben venga se il governo riflette sui tagli per il 2010: è un segnale che si dà agli studenti». Mentre a via del Plebiscito Berlusconi riunisce i suoi e lima la riforma dell’università, qualche suggerimento arriva da Giorgia Meloni di Alleanza Nazionale, titolare di un dicastero che, col suo arrivo, ha ripreso una denominazione da Ventennio: Ministero della Gioventù. Sull’università ha le idee chiare: «Ci siamo sentiti dire che neghiamo il futuro alle giovani generazioni. Sarebbe bello e importante dare segnali di attenzione: borse di studio, prestiti d’onore ai giovani ricercatori, miglior distribuzione delle risorse».
 

E Tremonti come la pensa?

«Giulio queste cose le sa. In Consiglio dei ministri su queste posizioni ci siamo ritrovati in molti. Il ministro dell’Economia poi, certo, sa che la situazione economica è devastante. Ma il diritto allo studio non si tocca».
 

Ministro, lei alla prima protesta davanti a Montecitorio s’è mischiata agli studenti, ha ascoltato, ha parlamentato. Cosa ne ha tratto? Dopo l’incontro, sta con loro o con Tremonti?

«Io penso che gli studenti possano benissimo manifestare. Ho una lunga esperienza io stessa nel movimento studentesco, e quel che non capisco dell’oggi è perché, dopo le manifestazioni, il movimento non passi alla fase propositiva: noi, ai vari governi, presentavamo delle piattaforme propositive... Quanto a quel giorno, passavo di lì e ho visto la manifestazione. Erano studenti delle medie, capitanati da una professoressa che megafonava...».
 

Con questo vuol dire che il governo di centrodestra è riuscito a resuscitare un mezzo Sessantotto mandando in piazza, per la prima volta assieme, studenti, genitori e insegnanti?

«No. Quella era una rivolta generazionale, questa è tutta un’altra cosa. Io, armata di santa pazienza, ho potuto verificare che non è vero che la piazza respinge i politici, o perlomeno non sempre perché a Italo Bocchino va data piena solidarietà per le contestazioni che ha avuto, ma l’impressione che ho avuto era di una condizione innaturale, e anche antistorica. Secondo me gli studenti non marciano in piazza con i baroni, non si mischiano con chi ha ridotto la scuola e soprattutto l’università in quelle condizioni. E in questa modalità c’è anche il segno della strumentalizzazione della sinistra».
 

E a piazza Navona secondo lei non c’è stata la strumentalizzazione della destra? I filmati mandati in onda da «Chi l’ha visto?» l’hanno mostrato. E per tutta risposta, in nottata c’è stata un’irruzione a via Teulada di giovani dei centri sociali di destra...

«Io condanno, sempre, qualsiasi forma di violenza. L’ho detto tante volte, e lo ripeto. Non ho seguito però la vicenda di via Teulada. Le manifestazioni possono essere anche pacifiche».


Irrompere in una sede Rai per protestare contro una trasmissione giornalistica è già un atto di violenza.

«Ma a quelli di sinistra non gli si dice mai niente, quando gli autonomi irruppero nello studio di Michele Santoro furono quasi santificati... Dipende. Ma se c’è stata violenza è da condannare».