L'ESPERIMENTO IN UNA SCUOLA DEL BIELLESE

Se il bullo diventa capoclasse

I promotori: "Le punizioni sono inutili,
è l'unico modo per contrastare i teppisti"

Giuseppe BuffaLa Stampa, 11.11.2008

BIELLA
Contro i bulli che sfasciano i pullman arriva il «capo-bus». Un capoclasse viaggiante, inventato dal preside di una scuola superiore e subito piaciuto all’Azienda trasporti di Biella. Risultato: da due mesi graffiti, sedili strappati, bruciature e prepotenze sono diventati un ricordo. Ma la vera sorpresa è che, a riportare l’ordine, sono stati proprio gli scalmanati. Perché a loro s’è chiesto di fare i caporali, i controllori, quelli che fanno rigare dritto gli altri. A loro che avevano sempre fatto i bulli. E ha funzionato.

L’idea del capo-bus è di Cesare Molinari, preside dell’Istituto alberghiero di Trivero. Una scuola fuori mano, creata nell’ex hotel di montagna della famiglia Zegna. La più lunga da raggiungere, e anche una delle più difficili sul fronte-vandali. Ma certo non la sola, se gli incontri fra sindacati e Azienda trasporti, nei mesi scorsi, hanno sollevato il velo sulle quotidiane odissee in pulmann: autisti insultati, a volte aggrediti; e passeggeri presi di mira da studenti agitati. Così Gaspare La Barbera, presidente di Atap, s’è rivolto a Provincia e dirigenti scolastici: «Proprio dal preside dell’Alberghiero è arrivata l’idea migliore, quella di responsabilizzare i ragazzi». Prendi un bullo, trasformalo in capo e si placherà.

Gli esperti non sono così stupiti: «La storia è piena di casi come questo - dice Giovanni Geda, primario biellese di psichiatria -: ad esempio regimi, spesso dittatoriali, che hanno scelto i soggetti più difficili per affidare loro il potere. Ciò non toglie che lo strumento sia efficace: responsabilizzare è importante, soprattutto per i più turbolenti. E’ aggressivo chi non trova il modo di affermarsi, e perciò ricorre alla violenza. Quindi, se si dà un ruolo a questi ragazzi, facendoli diventare capo-bus, li si riqualifica all’interno del gruppo. E a quel punto, non hanno più bisogno di essere prepotenti». Lo psichiatra, però, s’interroga su una cosa: «Bisognerebbe capire come i capi riescono a farsi rispettare: se con le buone, ossia rendendosi convincenti, oppure usando ancora metodi da “bullo”. Approfondire questo sarebbe molto interessante». All’Azienda trasporti non sono esperti di psicologia dell’adolescenza, ma sanno per certo che il sistema, almeno per ora, sta funzionando. E tanto basta: «I vandalismi e gli episodi di bullismo sono completamente azzerati - dice Gaspare La Barbera -. E il merito, ovviamente, è soprattutto della scuola, che ha saputo indicare la soluzione giusta. Noi, da parte nostra, abbiamo deciso di ridurre la rotazione dei turni sulle corse frequentate dagli studenti, in modo che gli autisti siano sempre gli stessi. Così si è creato un rapporto meno conflittuale con i ragazzi». Adesso Atap sta pensando di esportare il modello anche su altre linee. E chissà che il suo «brevetto» dei capo-bus, messo in piedi alla buona e un po’ per disperazione, non diventi un modello per altre aziende di trasporto pubblico.