Università serve un G-30

Piergaetano Marchetti La Stampa, 19.11.2008

Alcuni fatti sono ormai pacifici. La riforma dell’Università dev’essere profonda, a tutto campo. L’Università ha bisogno di una riforma strutturale, di un’iniezione di fiducia e di energia; ha bisogno, a un tempo - come notava Luca Ricolfi su La Stampa (15 novembre) - di tagli e di investimenti. Ha bisogno di rivedere, a volte ribaltare, i comportamenti dei suoi attori; di liberare le eccellenze (e ve ne sono) che vi operano e di bonificare le pure grandi zone malsane. Tutto ciò non si raggiunge con ritocchi, timidi innesti di nuovo, con indiscriminate decimazioni, né con scatti d’orgoglio o di mero volontarismo e nemmeno con l’immancabile «ma il problema non sta qui», che ogni riforma puntualmente suscita. Occorre un grande progetto globale, una mobilitazione di coscienze e d’energie. Occorre uscire dalle secche dei provvedimenti tampone, del gioco a rimpiattino tra offerte di collaborazione all’opposizione e diffidenza diplomatica. Occorre condurre a sintesi le numerose, e diversissime, proposte salvifiche che ogni «saggio» ed «esperto» quotidianamente offre. Occorre pensare in grande a un’azione complessa, guardare fuori dalla propria provincia, dal proprio orto, o cortile che sia, decantare la riforma dal troppo contingente.

E allora? Esito a evocare un nome e un precedente troppo invocato, ma un’iniziativa tipo Commissione Attali qui si addice. Un G-30 (il numero è casuale: 30 come il voto massimo all’esame) italiano per liberare la crescita dell’università, sviluppando o consolidando anche supporti consultivi già in essere. Un G-30 con rappresentanti di altri Paesi, con qualificate persone in possesso delle plurime competenze che occorrono per risolvere i molti nodi dell’università: dai profili istituzionali a quelli economico finanziari; dalle azioni per la ricerca e la didattica ai profili organizzativi; dal reclutamento alle carriere; dai controlli alle incentivazioni, al valore dei titoli, alle misure per consentire la mobilità degli studenti. Né si invochi il «meglio poco, ma subito» e il timore che un progetto generale insabbi la questione universitaria. I1 rischio è proprio l’opposto. I1 raccordo tecnico con i provvedimenti in discussione non è difficile. Si parta subito con un termine di 3-4 mesi per la conclusione dei lavori, in modo che con il prossimo anno accademico possa decollare la nuova università. Non s’ignori, ma si conosca l’esistente. Si respingano vischiosità e gabbie, ma si pratichi realismo e anche gradualità, se il progetto è saldo e completo. Un G-30 per l’università, non per scavalcare e sostituire la politica, ma per la politica. La quale potrà qui trovare materia d’ispirazione e convergenza su di un terreno che superi le diplomazie degli schieramenti.